La casa è stata realizzata nel 1951 su progetto di Giovanna Saliva (1927‐2000) all’epoca studentessa che lavorava presso lo studio del padre Ernesto Saliva, noto strutturista impegnato al fianco di architetti del calibro di Lingeri, Terragni, Figini, Pollini, Baldessari, Carminati, De Carli, ecc.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Costruita sull’altopiano di Selvino, in Val Seriana, a circa 1000 m di altitudine, rivela il suo carattere più di rifugio di montagna che di casa per la villeggiatura già nel disegno degli esterni connotati dalle aperture di dimensioni ridotte (a protezione dal freddo), dai materiali (legno, pietra e intonaco) e dai colori (rosso, bianco e color legno), che rimandano ad analoghe architetture alpine storiche ma anche coeve (il Pirovano di Albini è del 1948‐52).

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L’edificio è circondato da un ampio giardino con vista sulle Prealpi Orobiche ed è stato costruito accanto a un grande faggio – preesistente –, che ancora oggi svetta sulla destra della casa, guardandola dalla vallata.
Lo spazio interno è diviso in due volumi fra loro sfalsati di mezzo piano e collegati da una scala in legno e ferro che si sviluppa a vista attraversando i diversi ambienti.

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Il soggiorno è concepito come un unico spazio articolato su differenti livelli: al piano terra la taverna, al piano rialzato il living e al primo piano lo studio con una balconata affacciata sul living, che si trova in corrispondenza della zona con il camino e che si può raggiungere anche da una seconda scala, alle spalle del camino stesso.
La zona pranzo e la cucina sono separate dal resto del soggiorno per potere essere compartimentate e riscaldate nel periodo invernale, insieme a quattro delle otto camere da letto e a due dei quattro bagni, ai piani superiori.

Sezione longitudinale. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

La climatizzazione all’origine interessava solo una parte della casa ed avveniva grazie a un impianto ad aria calda alimentato da una Stufa Becchi collocata nella sala da pranzo a mo’ di Stube. Negli anni ’70 l’impianto originario è stato sostituito con un impianto ad aria calda alimentato da una caldaia a gasolio, che permette di utilizzare l’intero edificio anche nel periodo invernale.

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Ai piani superiori vi è la zona notte composta da otto camere e quattro bagni. A differenza di quanto avviene nella zona giorno, nella zona notte i locali sono di dimensioni ridotte per consentirne un facile e rapido riscaldamento nel periodo invernale.
Le camere (dotate di armadio a muro su disegno) sono accorpate in differenti nuclei a differenti livelli. Ogni nucleo è composto da due camere con un bagno. Le due camere all’ultimo livello, in mansarda, erano destinate al personale di servizio che abitava insieme alla famiglia continuativamente.

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Tutti i pavimenti della zone giorno sono in listoni di larice mentre le camere da letto e i locali accessori sono rivestiti con marmette di cemento o con lastre di Ceppo dell’Adda a eccezione della zona intorno al camino che ha il pavimento in marmo. Le pareti e i plafoni sono intonacati e tinteggiati di colore bianco.

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Di recente l’edificio è stato venduto dalla famiglia che ne aveva commissionato la costruzione e verrà ristrutturato per adeguare quella che è stata progettata come una casarifugio per la villeggiatura all’uso che ne faranno i nuovi proprietari utilizzandola come la loro residenza principale.
testo di Luca Rolla, dicembre 2020

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