Presso la galleria Dessa, a Lubiana, è in corso, fino al 27 settembre, una singolare e interessante esposizione dedicata all’architettura moderna costruita a Novi Sad tra il 1950 e il 1970, periodo storico (1945-1992) in cui la città-capoluogo della Voivodina (provincia autonoma situata al nord della Serbia) faceva ancora parte – come d’altronde la stessa Serbia, insieme ad altre cinque repubbliche – della ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

Imre Farkaš, Milan Matović, Railway station Novi Sad, 1964. ©Photo: Relja Ivanić.

Il materiale esposto nella galleria, in realtà, costituisce solo una parte di un lungo e impegnativo lavoro di ricerca, tutt’ora in corso, intrapreso qualche anno fa dal DaNS – Društvo arhitekata Novoga Sada (Associazione degli architetti di Novi Sad) e intitolato Jugoslovenski modernizam u Vojvodini (Architettura moderna jugoslava in Voivodina).
Oltre alla presenza di molte opere architettoniche di qualità –non facenti parte delle storiografie occidentali, ma spesso neanche di quelle dell’est, realizzate da progettisti di varie nazionalità operanti in quelli anni in Jugoslavia – quello che emerge dalla mostra di Lubiana è la questione della messa sotto protezione di questa porzione importante del patrimonio di architettura moderna europea.

Sibin Đorđević, Office building at Boulevard 23 October, 1957-59. ©Photo: Relja Ivanić.

In realtà, il problema di conservazione delle opere di architettura moderna realizzate sul territorio dell’ex Jugoslavia è una questione alquanto complessa e complicata che investe sia gli aspetti politico culturali – nel senso che certe architetture vengono spesso associate, in quanto “memorie visive”, a un passato remoto che suscita ricordi contrastanti – sia quelli temporali – nel senso che, a seconda delle legislazioni nazionali di tutela del patrimonio in vigore, in uno dei sei nuovi Stati, non è ancora trascorso il numero sufficiente di anni perché sia possibile mettere sotto tutela una determinata opera, prima della sua demolizione o trasformazione radicale.
A questo proposito, va segnalata anche la grande esposizione Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia, 1948–1980 dedicata al tema dell’architettura jugoslava, tutt’ora in corso al MoMA di New York, di cui anche weArch si è occupato (leggi qui).

Pavle Žilnik, Studio M, 1963-66. ©Photo: Relja Ivanić.

Tra le molte architetture esposte in mostra, presentate attraverso l’elegante realismo fotografico di Relja Ivanić, emergono quelle di Sibin Đorđević (1926-2013) e Milena Stanković Đorđević (1924-2015), Imre Farkaš (1924–2003), Milan Matović (1936–2002), Ivan Vitić (1917–1986), Pavle Žilnik (1920–2006), Zoran Nikolić (1924–1988).