È apparso proprio di recente, sulle pagine dei mensili di settore, l’annuncio di Alberi Festival. Costruire la città degli alberi, programmato a Modena dal 7 al 13 aprile. Si tratta di mostre, lezioni, laboratori per bambini e istallazioni ideate dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Modena e dalla Fondazione Archivio Leonardi, che raccoglie gli straordinari disegni pubblicati nel manuale L’Architettura degli Alberi (1982), davvero indispensabile per la progettazione del paesaggio
L’iniziativa richiama alla memoria, oltre alle numerose pubblicazioni sull’argomento come l’importante volume di Maurizio Oddo L’albero dell’architettura, il prezioso testo messo a punto da Roberta Martufi, architetto che si occupa di beni culturali e di paesaggio, con interventi di restauro sui giardini storici e in passato l’insegnamento allo IUAV. Ha al suo attivo anche numerose pubblicazioni come: Diletto e Maraviglia. Le ville del Colle San Bartolo, Pesaro, 1992; Armonia e geometria. La regola delle corti, in Chiostri Cortili e Corti delle Marche, Milano 1999; Il giardino pensile del palazzo ducale di Urbino, in I giardini del duca, Luoghi di delizia dai Montefeltro ai Della Rovere, Milano 2018; Living in trees? A thousand-year history, in Tree, Time, Architecture! Design in Constant Transformation, Zurigo 2025. Tra i principali restauri si ricorda: Villa Almerici, Villa Caprile, Villa Ciacchi, Villa Miralfiore, Villa Montani, Villa Vittoria a Pesaro.
Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, ed. Francese. Royal Collection Trust / ©Sua Maestà Re Carlo III 2023.
L’autrice ha scelto, per l’intrigante copertina del libro, L’albero belvedere di Louis Eustache Audot, autore di un volume di 242 pagine: Traité de la composition et de l’ornament des Jardines, stampato a Parigi nel 1859. Esprime in modo efficace l’idea di salire sulla cima di un albero per osservare il mondo e fermarsi in meditazione. Si potrebbe anche abitare in un grande tiglio, come avviene a Pitchford Hall, in una casa in stile Tudor che risale al XVII secolo. In realtà pochi eletti hanno avuto la fortuna di realizzare questo sogno che appartiene alla giovinezza di Cosimo Piovasco di Rondò, il Barone Rampante immaginato da Italo Calvino. O alla vita dei santi come Sant’Antonio che predicava dal noce. Lo mostra il dipinto di Pietro Annigoni nella Basilica di Padova. Se si indaga però nella storia delle costruzioni si scoprono numerosi esempi che testimoniano la volontà di misurarsi con questo obiettivo. Non solo per stupire i comuni mortali. Si tratta dell’impegno di benestanti, principi o imperatori: da Caligola a Sir Thomas Lipton, che hanno creato complesse costruzioni capaci di ibridare natura e architettura. Opere realizzate per diletto e svago, per il “loisir” di ricchi committenti.
Le prime tracce di questa avventura le ha descritte Plinio il vecchio a proposito dell’imperatore Gaio che, nella campagna di Velletri, “poté ammirare in uno stesso platano la lunghezza dei rami e la loro larghezza, tale da offrire comodi scanni”, tanto da permettere l’organizzazione di un banchetto e nell’originale sala da pranzo che chiamò nido accolse quindici convitati oltre alla servitù. Ancora i platani crescono nella passeggiata dell’Accademia di Atene. Uno possedeva una radice di ben 33 cubiti (444 mm.) più lunga dei rami. Celebre quello della Licia per la sua magnificenza. Ad esso “si unisce quello della fonte di acqua fresca: posto sulla strada, mentre al suo interno alloggia una caverna di ottantun piedi”.
Stefano De la Bella, Pratolino, 1653 ca, “Un grande albero abitato al centro con rampe che girano intorno al tronco, sotto un parapetto in pietra su cui riposano o si siedono persone, alberi ad alto fusto intorno”. MET, New York.
Nel Quattrocento il giardino dei sogni lo si rintraccia nell’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un libro che alcuni attribuiscono all’Alberti che è stato a lungo studiato dal mio compianto amico Stefano Borsi. Qui troviamo, con abbondanza di particolari, i giardini che Poliphilo attraversa alla ricerca dell’amata. Le incisioni mostrano pergole, tempietti, piante modellate secondo i principi dell’ars topiaria e strutture complesse. Il testo fantastica su una vera e propria casa costruita con cipressi, cedri, limoni, aranci con la sua struttura che si innalza su due livelli mentre il solaio è realizzato da rami intrecciati con abilità. Nella casa si diffondono gli odori più gradevoli dovuti alla presenza di fiori e frutti.
Bottega del Guercino, Casa di campagna con giardino e preparativi per colazione all’aperto, sec. XVII (1615-17). Museo di Cento, Ferrara.
Il Vasari ne Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, descrive la casa nel giardino della villa medicea che ha visitata. In questa “in un pratello fuor del giardino, acconciò il Tribolo una quercia molto artifiziosamente, perciò che, oltre che è in modo coperta di sopra e d’intorno d’ellera intrecciata fra i rami, che pare un foltissimo boschetto, vi si saglie con una commoda scala di legno similmente coperta, in cima della quale nel mezzo della quercia è una stanza quadra con sederi intorno e con appoggiatoi di spalliere tutte di verzura viva, e nel mezzo una tavoletta di marmo, con un vaso di mischio nel mezzo. Nel quale, per una canna viene e schizza a l’aria molta acqua e per un’altra la caduta si parte, le quali canne vengono su per lo piede della quercia in modo coperte dall’ellera, che non si veggiono punto. E l’acqua si dà e toglie quando altri vuole col volgere di certe chiavi, né si può dire a pieno per quante vie si volge la detta acqua della quercia, con diversi instrumenti di rame per bagnare chi altri vuole, oltre che, con i medesimi instrumenti, se le fa fare diversi rumori e zuffolanti”. Il Guercino realizza, nei primi anni del XVII secolo, un dipinto murale intitolato Casa di campagna con giardino e preparativi per colazione all’aperto. Qui, dopo i lavori dei contadini, appare un brano della vita cittadina in estate. Alcuni ricchi signori in vacanza nel casino agricolo si apprestano al pranzo mentre i camerieri stanno imbandendo la tavola all’ombra di un alto albero, potato come l’architettura della villa. Un cameriere in primo piano sta raccogliendo in alcune brocche l’acqua che sgorga da una fontana.
Pitchford Hall, contea dello Shropshire, la casa in stile Tudor sul grande tiglio risalente al XVII sec. David Scarle.
L’auspicio che ci sentiamo di fare a Roberta Martufi, architetto attenta al paesaggio e ai beni culturali, è quello di proseguire nella sua ricerca per proporre un volume che tratti del tempo presente. Un argomento su cui vale la pena ritornare per approfondire opere che spiccano per intensità espressiva come la Casa nel bosco di Tatiana Bilbao che reinterpreta la tradizione abitativa messicana a San Pedro Garza Garcìa, in Messico. E poi il Tree Hotel di Tham & Videgård Arkitekter ad Harads, Svezia, una scatola di vetro sospesa tra gli alberi. Ed ancora merita un sorriso compiacente il Fuji Kindergarten a Tokyo, che simula un girotondo per bambini e la Bofill House di Ricardo Bofill, per non citare i tanti progetti messi a punto ma purtroppo non andati in porto da James Wine dei SITE, l’ispiratore del Bosco Verticale a Milano dello Studio Boeri che lo sta replicando in varie parti del mondo.
Audot, L.-E., L’arbre Maison de Matibò, Traité de la composition et de l’ornement des jardins: avec cent soixante et une planches représentant, en plus de six cent figures, des plans de jardins, des fabriques propres à leur d écoration, et des machines pour élever les eaux; ouvrage faisant suite à l’Almanach du bon jardinier, Vol. II, plate 26, fig. 3. Getty Research Institute.