L’anno scorso ricorreva il 30esimo anniversario della morte di Edvard Ravnikar (1907–1993), figura di spicco dell’architettura moderna slovena, e, per celebrare la sua opera progettuale, il Governo della Repubblica di Slovenia designò il 2023 come l’“Anno di Edvard Ravnikar”. In tale contesto, si inaugurarono numerose iniziative, tra cui anche la mostra antologica Struktura modernosti: iskanja Edvarda Ravnikarja / The Structure of Modernity: Edvard Ravnikar and His Quests (La struttura della modernità: le ricerche di Edvard Ravnikar) tuttora in corso, fino a metà maggio, presso il MAO – Muzej za arhitekturo in oblikovanje (Museo di architettura e design) di Lubiana.

I grattacieli di Trg republike, ex Trg revolucije a Lubiana, foto: Janez Kališnik, collezione MAO.

Edvard Ravnikar crebbe sotto l’egida di Jože Plečnik, che gli trasmise la convinzione dell’architettura come espressione artistica e della sua pratica come missione culturale. La successiva esperienza presso lo studio di Le Corbusier a Parigi, invece, lo immerse nel cuore pulsante del modernismo, un movimento impegnato nella costruzione di un mondo nuovo, improntato alla razionalità e all’umanità. I due maestri, così diversi l’uno dall’altro, forgiarono Ravnikar, influenzando profondamente la sua visione architettonica, che sapientemente intreccia gli insegnamenti ricevuti con un approccio modernista distintivo, fondendo una profonda conoscenza storica con avanguardistiche sperimentazioni tecnologiche, un’analisi minuziosa del contesto urbano e la proiezione verso nuove concezioni del futuro.

Edificio OLO Kranj prima del completamento, foto: Janez Kališnik, collezione MAO.

Allo stesso tempo, tuttavia, Ravnikar si contraddistinse per la ricerca di un’interpretazione personale dei princìpi modernisti che riconoscesse e valorizzasse le qualità delle città storiche. Inoltre, la sua eredità non è limitata alla progettazione di edifici e città, ma comprende anche un’intellettualità penetrante, opere scritte di vasto respiro, contributi nell’arte, nel design grafico e industriale e il cruciale ruolo di mentore per le successive generazioni di architetti. Non è un caso che, a partire dalla metà del ventesimo secolo, il suo operato ha orientato il modernismo sloveno verso un’espressione autonoma, radicata nel contesto locale ma riconoscibile sul palcoscenico globale.

Hotel Creina a Kranj, foto: Janez Kališnik, 1970, collezione MAO.

La mostra in oggetto, frutto di un’accurata ricerca sulle donazioni ricevute dal MAO dagli eredi di Ravnikar e dalla Facoltà di Architettura di Lubiana, esplora la ricchezza e la complessità del suo percorso creativo, dei suoi interrogativi, delle sue evoluzioni e del destino di alcune delle sue opere più emblematiche. La narrazione espositiva è arricchita dalle nuove fotografie, le quali, attraverso uno sguardo contemporaneo sul contesto sociale e spaziale, offrono una lettura critica degli spazi progettati da Ravnikar. Le immagini non solo catturano l’essenza della sua architettura ma anche la nostra relazione con l’eredità modernista, instaurando un dialogo tra passato e presente, tra spazio architettonico e esperienza umana.

Prospettiva di Cankarjev dom, autore Edvard Ravnikar e colleghi, collezione MAO.

All’ingresso della mostra, i visitatori verranno subito immersi nel “gabinetto dell’architetto”, un’interpretazione evocativa dello studio di Edvard Ravnikar, concepito come un santuario laico del suo processo creativo e intellettuale. In questo spazio introduttivo, i flussi di pensiero di Ravnikar agiscono da bussola, indirizzando il pubblico attraverso tre ambienti distinti, ognuno focalizzato su un fulcro della sua pratica architettonica.
La prima stanza, intitolata Il Monumento, esplora la rivisitazione del dialogo tra architettura, storia e paesaggio, evidenziando come Ravnikar abbia reinterpretato la monumentalità in relazione al contesto naturale e culturale. Segue La Casa, uno spazio dedicato all’esame degli interventi a Kranj. Qui, si svela come il progettista sloveno abbia sapientemente modellato il linguaggio modernista per rispondere alle specificità del tessuto urbano e sociale locale. La terza sala, La Città, infine, traccia un percorso che parte da Nova Gorica, attraversa la maestosa piazza della Rivoluzione di Lubiana e si estende fino agli ambiziosi ma inesplorati piani urbanistici per Skopje e Venezia. Questa sezione della mostra interpella la visione di una città umana e sostenibile nel XXI secolo, mettendo in luce le proposte di Ravnikar come strumenti ancora attuali per una riflessione sullo sviluppo urbano.

Cimitero degli ostaggi a Draga pri Begunjah, foto: Janez Kališnik, collezione MAO.

I monumenti e i memoriali antifascisti progettati da Ravnikar, in particolare, assumono un’importanza primaria come manifestazioni dei suoi processi creativi e delle sue strategie di composizione sofisticate, finalizzate a stabilire un dialogo tra l’opera, il paesaggio e l’osservatore. In questi spazi, il visitatore trascende il ruolo di semplice spettatore per diventare un partecipante attivo, coinvolto in un’interazione significativa e intensa con il sito.
Il leitmotiv che accomuna queste opere eterogenee è l’armonia tra architettura e paesaggio naturale. Con un linguaggio di elementi essenziali e una logica di inserimento contestuale, Ravnikar evoca il carattere universale e rivitalizzante di ciascun luogo. Questi siti, segnati da elementi commemorativi, soddisfano un’esigenza primordiale dell’essere umano di demarcare i luoghi testimoni di eventi significativi. Essi fungono da archetipi di spazi sacri dove il visibile e l’invisibile si fondono, invitando a rituali attraverso cui si accede a una dimensione altra della realtà.

Complesso commemorativo Kampor a Rab, foto: Peter Žargi, 2023, collezione MAO.

In conclusione, le opere di Ravnikar, intese come tessere di un mosaico complesso, riflettono non solo la profondità del suo iter progettuale ma intendono anche evocare l’ineffabile piacere che scaturisce dall’indagine di forme e composizioni. Attraverso queste esplorazioni, il progettista rivela un mondo interiore ricco e affascinante, trasformando luoghi segnati dal dolore in ambienti vibranti di vita e significato. In un’era di cambiamenti sociali e ambientali, le architetture di Ravnikar trascendono il suo tempo, ponendosi come una sfida intellettuale che dimostra come il dubbio creativo – “Abbiamo il diritto di sbagliare, perché un errore è la nostra avventura, una deviazione che ci avvicina alla verità. Quanto è noiosa la verità che gli architetti conoscono a priori!” –, applicato allo spazio, al disegno, alla pittura e alla parola, possa influenzare la società e gettare le fondamenta per un futuro migliore.

Progetto per Tronchetto a Venezia, di Edvard Ravnikar e colleghi, 1964, collezione MAO.