Qualche mese fa mi è stato richiesto di scrivere alcune righe introduttive ai nuovi volumi pubblicati da Edizioni dell’Ossimoro, Ponzio-Pavia, sui lavori di Vittorio Prina; avrebbero dovuto essere tre introduzioni rapide e snelle da redigere in pochi giorni, ma a causa di svariati inconvenienti, differenti urgenze e numerose dimenticanze, i tre volumi hanno continuato a sostare sulla mia scrivania lanciandomi messaggi subliminali di rimprovero e in maggior misura di suggestione.

Disegno di Vittorio Prina.

In preda ai sensi di colpa per il ritardo e motivato dal senso di riconoscenza che nutro per l’autore ho più volte aperto i tre tomi Schizzi di Viaggio e di studio, Schizzi di Progetto e Fantasie e studi e fino ad ora li avevo mentalmente catalogati come tre entità distinte: una sorta di personale Carnet de Voyage di corbusieriana influenza il primo, un solido catalogo di opere compiute il secondo e la sensuale divagazione di un architetto nell’arte il terzo. A voler essere tassonomici e categorici la descrizione semplificata dei libri calza a pennello e quindi era mia intenzione produrre differenti introduzioni per ciascun testo; eppure qualcosa non quadrava: ogni volta che aprivo un libro un’immagine, un contenuto rimandava ad un altro volume e poi al terzo e in forma combinatoria si generava una rete di richiami che alla fine ho dovuto accettare come inestricabile. In questa inconsueta mattina di Pasqua, in cui incidentalmente si è prodotto il tempo per scrivere, tutto mi è sembrato chiaro. Ci troviamo di fronte a tre volumi che in realtà sono uno solo in cui Vittorio, più o meno consapevolmente, espone e trasmette un aspetto fondamentale di sé: il METODO: nessuna autobiografia potrebbe essere più puntuale, si legge tutto (a voler leggere bene) l’immaginario ed il reale dell’autore. Si legge la sua attitudine da puntuale nomenclatore, la sua inclinazione da collezionista puntuale ed istrionico, la sua capacità di mettere in relazione le cose esistenti per generarne di nuove attraverso un sensibile processo di sintesi, la sua abilità di prefigurazione è la sua lucidità analitica. Poiché Prina è “Homo Architectonicus”, il metodo che ci consegna è un metodo squisitamente progettuale dove la componente del viaggiare e disegnare dal vero (Schizzi di viaggio e di studio) allenano un modo di guardare attento e selettivo proprio dello schizzo che è un sistema selettivo di rappresentare, che esclude le cose secondarie e fissa gli elementi primari di colui che lo esegue, la componente della sintesi dell’astrazione, della sedimentazione e dell’ideazione in cui tutte le suggestioni ricevute e filtrate attraverso le sensibilità di Vittorio (Fantasie e studi) si condensano in lavori “artistici” scenografici, densi e stratificati e la terza componente (Schizzi di progetto) che è summa tecnica ed effetto delle due precedenti che ci consegnano edifici ed architetture con una visione chiara e investigata a fondo, in termini proporzionali, geometrici e costruttivi.

Disegno di Vittorio Prina.

Mi colpisce che quando anche si abbandona a divagazioni artistiche Prina immagina e sperimenta scenografie e visioni architettoniche in cui gli uomini (le cui silhouette sono spesso prese in prestito dai più noti artisti della storia dell’arte o dalle sequenze fotografiche di Muybridge) diventano elemento che proporziona e sostanzia lo spazio in cui sono disposte lo misura e lo armonizza e lo prefigura, in termini di materia, di dimensione e di fruizione. L’elemento che tutto unifica è il disegno che è IL dispositivo, squisitamente proprio della disciplina architettonica, essenziale per investigare la realtà ed il futuro.
Come nei giorni che trascorriamo insieme al Politecnico, Vittorio suggerisce una strada, già cara a Benigni e Troisi: “bisogna esercitarsi: bisogna provare provare provare provare provare provare provare provare provare e alla fine si riesce”… e probabilmente è vero.

Disegno di Vittorio Prina.