È in corso, presso lo Spazio Mostre degli Archivi Storici del Politecnico di Milano, al Campus Bovisa, un’esposizione dedicata a due opere iconiche progettate a Londra dall’architetto inglese di origini ungheresi Ernö Goldfinger (1902-1987): la Balfron Tower (1963-72) e la Trellick Tower (1966-72).
La mostra presenta, attraverso una serie di apparati iconografici provenienti dalle collezioni del Royal Institute of British Architects, parte delle quali tratte dall’Archivio Ernö Goldfinger, i due edifici a torre londinesi il cui intreccio tecnologico-formale, esito della grande stagione dell’architettura inglese degli anni Sessanta, evidenzia sia la ricerca sul tema del social housing sia il lavoro svolto sull’espressività del cemento armato.

Balfron Tower, Rowlett Street, Poplar, Londra. Mann Brothers, 1965. RIBA Collections.

La Balfron Tower è un edificio di edilizia sociale alto 84 metri, progettato per il London County Council secondo i canoni del movimento moderno e del brutalismo; situato nel quartiere di Poplar, nell’East London, contiene 146 alloggi dislocati nei complessivi 26 piani. Lo affianca l’adiacente Carradale House (1967–70), anch’essa disegnata da Goldfinger, più bassa (di “soli” 11 piani), ma stilisticamente unitaria.

Costruita successivamente, anche la Trellick Tower rappresenta un esempio di edilizia sociale del periodo, promosso dal Greater London Council. In quest’opera, che si basa sull’esperienza progettuale della torre Balfron, Goldfinger cerca di migliorare ancora diversi aspetti funzionali, tecnici ed espressivi interni all’edificio brutalista alto 94 metri (31 piani), contenente 217 alloggi, negozi e sedi di associazioni.

Trellick Tower vista da Golborne Road, Cheltenham Estate, North Kensington, Londra. John Donat, 1979. John Donat / RIBA Collections.

La mostra Ernö Goldfinger. Due Torri a Londra / Two Towers in London, – curata da Ludovica Cappelletti, del Politecnico di Milano, e da Valeria Carullo, curatrice della Robert Elwall Photographs Collection del RIBA di Londra – offre ai visitatori un interessante spaccato della migliore ricerca di architettura moderna prodotta negli anni Sessanta, espressione della società inglese in generale, popolata da nuovi gruppi nascenti, tra cui quelli della Swinging London e del sottoproletariato urbano.

Foto: ©LabImmagine – Politecnico di Milano.

Ernö Goldfinger, trasferitosi in Gran Bretagna negli anni Trenta, fu una figura importante del Movimento moderno britannico. Le sue opere e gli alti edifici a torre progettati, secondo l’influenza moderna lecorbuseriana, come una possibile risposta ai problemi abitativi della Paese, gli procurarono diversi estimatori.
Tra loro, però, non si trovava certamente Ian Fleming, autore di romanzi dedicati alle avventure del celebre agente 007, che chiamò con lo stesso cognome dell’architetto di origini ungheresi il “cattivo” protagonista del suo settimo libro, intitolato, appunto, Operazione Goldfinger. Ciò accadde, secondo alcuni, semplicemente, perché a Fleming piacque il cognome che sentì durante una partita di golf, mentre, invece, per altri, influirono aspetti di carattere architettonico, in quanto lo scrittore disapprovava una casa modernista realizzata da Goldfinger a Willow Road, a Londra.