Il 18 giugno la mostra AT HOME. Progetti per l’abitare contemporaneo – allestita presso il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo – ha riaperto al pubblico, corredata da alcuni nuovi contenuti e un allestimento centrati sul tema di grande attualità, ossia, la casa post Covid-19.
Intitolata AT HOME 20.20. Progetti per l’abitare contemporaneo, l’ultima versione dell’esposizione romana, curata anch’essa da Margherita Guccione e Pippo Ciorra, si arricchisce di una piccola “mostra nella mostra” contenente numerosi documenti, video interviste e progetti nel campo di architettura e design.

Foto: ©Musacchio, Ianniello & Pasqualini.
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Così vi si possono ascoltare e vedere, tra l’altro, le riflessioni registrate di David Adjaye, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Paolo Portoghesi, Patrik Schumacher e altri sull’impatto della pandemia rispetto alla professione dell’architetto.
Un’altra novità riguarda l’inserimento nella mostra del tema del design, scelto essenzialmente per illustrare “la natura flessibile e multiuso dello spazio domestico”. Ciò avviene attraverso un interessante confronto visivo tra la produzione di alcune “firme” storiche del design, tra cui Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Joe Colombo, Bruno Munari, Verner Panton, Ettore Sottsass, con opere di contemporanei, quali Ronan & Erwan Bouroullec, Konstantin Grcic, i Muller Van Severen, Fabio Novembre e altri.

Adalberto Libera, Casa Malaparte, Capri. Foto: Andrea Jemolo.
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Fa parte attiva della struttura espositiva della rassegna AT HOME, completandola, anche tutta la parte progettata in origine dedicata all’evoluzione del concetto di abitare, attraverso l’analisi di alcuni esempi di architetture costruite dal dopoguerra a oggi.
Il tema viene sviluppato mettendo a confronto, in uno stimolante “gioco” fatto di assonanze e contrapposizioni, alcune acclamate opere del Novecento con recenti realizzazioni contemporanee: la caprese Villa Malaparte di Adalberto Libera con il Nuovo bivacco Fanton dei Demogo sulle Dolomiti; la Casa Baldi di Paolo Portoghesi, a Roma, con il Capital Hill Residence di Zaha Hadid, a Mosca; i Collegi universitari di Urbino di Giancarlo De Carlo con il charity housing Sugar Hill di David Adjaye, ad Harlem, New York; e altri ancora.

DEMOGO, Bivacco Fanton, Dolomiti (Belluno), 2015. Foto: Pietro Savorelli.
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In realtà, il dialogo-confronto riguarda anche progetti di autori contemporanei e, per certe assonanze architettoniche, “simili” tra loro, come, per esempio, quelle tra Luigi Pellegrin (Villa bifamiliare sulla via Aurelia, Roma, 1964) e Giuseppe Perugini (Casa Albero, Fregene, 1968-71), o tra Franz Prati (concorso La casa più bella del mondo, loc. Canali, Reggio Emilia 1991) e Danilo Guerri (Casa privata, Recanati, Macerata, 1995-98).

Luigi Pellegrin, Villa sull’Aurelia, Roma, 1964. Courtesy Archivio Luigi Pellegrin.
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Fanno parte dell’esposizione anche i tre capitoli dedicati agli esempi di edilizia italiana collettiva: il lunghissimo Corviale di Mario Fiorentino, l’edificio simbolo dell’edilizia residenziale suburbana italiana; la cosiddetta “palazzina” romana, l’espressione del boom economico che ben presto va a costituire la nuova cellula della città, sia nei nuovi quartieri borghesi, sia in larghi brani della periferia, di cui ridefinisce i tessuti; il Piano INA Casa, nato nel dopoguerra per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori, con progetti di Enrico Del Debbio (quartiere Ponticelli a Napoli), Michele Valori (quartiere Tiburtino a Roma), Mario Paniconi e Giulio Pediconi (quartiere Valco San Paolo a Roma).

Giancarlo De Carlo, Ca’ Romanino, Urbino, 1967. Courtesy Fondazione Ca’ Romanino.
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L’allestimento della mostra “punta a raccontare l’architettura anche attraverso un’esperienza fisica e immersiva del visitatore con una serie di grandi installazioni in scala reale e padiglioni realizzati site specific”, tra cui Home sweet Rome/ No man is an Insula, la casa in legno a due piani di Rintala Eggertsson, una sorta di “condominio con molte case o piuttosto una grande libreria di vite accatastate lì, con storie diverse: un teatro della vita”, secondo le parole dei progettisti.
Infine, lungo il percorso vi sono esposti anche reportage fotografici realizzati da Iwan Baan, (Vanke Tulou Housing, in Cina, degli URBANUS Architects) e Gabriele Basilico (Palazzina del Girasole di Luigi Moretti).

Zaha Hadid Architects, The Capital Hill Residence, Mosca, 2018. Foto: OKO Group images.
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