Il volume Arte Architettura Ironia. Giulio Romano e palazzo Te, a cura di Ludovica Cappelletti, con prefazione di Charles Hope e foto di Marco Introini, contiene una selezione antologica di testi di autori che, nel corso del tempo, soprattutto dal XIX al XXI secolo, hanno studiato questa magnifica architettura rinascimentale, approfondendo la conoscenza dei diversi aspetti dell’opera.
Nella prefazione, Charles Hope sottolinea il fatto che nella realizzazione del Palazzo, Giulio Pippi, poi Giulio Romano (1492 o 1499-1546), fu responsabile interamente sia della progettazione architettonica sia della complessa decorazione pittorica, pur considerando l’influenza sia del committente, Federico II Gonzaga, sia del contesto culturale entro cui si inserisce l’opera. Infatti, Hope precisa che, all’epoca, la scelta dei motivi iconografici era regolata secondo le norme del decorum, principio che imponeva soggetti “appropriati al rango e alle richieste del committente”.

1. Palazzo Te, ingresso principale. Facciata occidentale esterna. Foto: Marco Introini.

Il Palazzo Te fu sempre ammirato per le forme della splendida architettura e per la straordinaria qualità della rappresentazione pittorica che orna gli ambienti interni. Nel saggio introduttivo, Ludovica Cappelletti osserva che la produzione dei numerosi apporti critici degli specialisti, pubblicati nel corso del tempo, designano Palazzo Te quasi come fosse una “opera d’arte e architettura emblematica di un’idea”. Quindi, la curatrice si interroga sul perché di questa attenzione così serrata e ricorrente per questo monumento.

2. Palazzo Te. Pianta.
Legenda: 1. Atrio; 2. Camera di Ovidio o delle Metamorfosi; 3. Camera delle Imprese; 4. Camera del Sole e della Luna; 5. Loggia delle muse: 6. Cortile Quadrato o d’Onore; 7. Sala dei Cavalli; 8. Camera di Psiche; 9. Camera dei Venti: 10. Camera delle Aquile; 11. Loggia di David; 12. Camera degli Stucchi; 13. Camera degli Imperatori; 14. Camera dei Giganti; 15. Camerino a Crociera; 16. Camerino delle Grottesche; 17. Camerino di Venere; 18. Camera dei Candelabri; 19. Camera delle Cariatidi; 20. Loggia meridionale; 21. Camera delle Vittorie; 22. Giardino meridionale; 23. Tinelli; 24. Peschiere; 25. Giardino dell’esedra; 26. Scuderie; 27. Fruttiere; 28. Grotta; 29. Loggia e Giardino segreto; 30. Camera di Attilio Regolo; 31. Camerino degli Uccelli; 32. Esedra.

Palazzo Te è stato edificato a Mantova tra il 1525 e il 1534, nell’area a sud della Città, detta del Tejeto, probabilmente incorporando delle costruzioni preesistenti, adibite a scuderie e a vani accessori (fig. 1). L’edificio principale a pianta quadrata è articolato intorno a un cortile interno (Cortile d’Onore) ed è costituito da quattro corpi di fabbrica a un solo piano, con sovrastante mezzanino (fig. 2). La facciata orientale della costruzione si affaccia su di un vasto giardino, delimitato da altri fabbricati complementari, le scuderie, le fruttiere, l’appartamento e il giardino segreto (fig. 3). Il vasto spazio aperto, che contiene due ampie peschiere in cui si specchiano gli archi della facciata orientale, è concluso da una ampia esedra ad arcate (aggiunta nel XVII secolo) (fig. 4 – consulta la galleria fotografica).

3. Palazzo Te, Facciata orientale sul giardino. Foto: Marco Introini.

La costruzione principale è singolare per il fatto che non ha una facciata uguale all’altra. Lo stile riprende i canoni architettonici classici, con talune variazioni compositive molto particolari che creano sorpresa nell’osservatore attento, soprattutto all’interno del Cortile d’onore. Il coronamento di tutte le facciate è costituito da una trabeazione dorica composta da un fregio con triglifi e metope (fig. 5). La facciata esterna a sud non venne terminata. Le due facciate esterne settentrionale e occidentale sono decorate a finto bugnato. La composizione degli elementi stilistici presenta due diversi insiemi modulari, delimitati da paraste, inserite singolarmente o appaiate, che inquadrano finestre, nicchie e arcate. La facciata esterna orientale, che affaccia sul grande giardino, è scandita dall’alternarsi di arcate, lesene e colonne trabeate e, nella parte centrale è fastigiata da un timpano, aggiunto alla fine del XVIII secolo. Il passaggio dal cortile interno al grande giardino si attua attraverso la sontuosa Loggia di David (fig. 6 e fig. 7 – consulta la galleria fotografica).

5. Palazzo Te, facciata occidentale esterna. Dettaglio dell’ingresso. Foto: Marco Introini.

La stravaganza si nota, in particolare, nella particolarità del disegno delle facciate che prospettano sul Cortile d’onore (fig. 8 – consulta la galleria fotografica). I quattro prospetti interni sono trattati anch’essi con finto bugnato e la composizione degli elementi modulari vede inserite delle semicolonne, al posto delle paraste che decorano i prospetti esterni (fig. 9). Nel fregio dorico della facciata occidentale interna alcuni triglifi appaiono scivolati, come se qualche fenomeno naturale ne avesse causato lo spostamento. Lo stesso artificio si può notare per i timpani delle finestre che mostrano delle fratture nel punto sommitale.

9. Palazzo Te, facciata occidentale interna. Nel fregio si notano i triglifi scivolati. Foto: Marco Introini.

Gli ambienti interni del palazzo sono decorati con cicli di affreschi di squisita fattura, ispirati a tematiche mitologiche o a rappresentazioni riconducibili alle imprese dei Gonzaga. Tra le sale monumentali, situate nel corpo principale, attorno al Cortile d’onore, si ricordano le più note, quali la Camera di Psiche, con il fantasmagorico affresco raffigurante il banchetto per le nozze di Amore e Psiche (fig. 10); la Sala dei Cavalli dove furono ritratti i cavalli più amati da Federico II Gonzaga (fig. 11); la celeberrima Camera dei Giganti, in cui sono rappresentati i mitici Giganti che, per aver tentato di raggiungere l’Olimpo, vengono puniti da Giove, il quale scaglia saette, provocando una serie di distruzioni apocalittiche, sotto cui periscono gli enormi esseri (fig. 12 – consulta la galleria). Una rappresentazione illusionistica, tra le più belle del Rinascimento italiano, dove lo spettatore ha la sensazione di essere anch’esso travolto dal crollo di colonne e architravi del palazzo dei Giganti e dai grandi massi delle montagne che si sgretolano, sotto la furia della vendetta di Zeus (fig. 13).

10. Palazzo Te, Camera di Psiche. Foto: Marco Introini.

Il saggio di Ludovica Cappelletti contribuisce a delineare i tratti distintivi di questa architettura e l’evoluzione costruttiva che ha avuto, dopo Giulio Romano, a partire dal XVII secolo. Il contributo della curatrice si sofferma sulla costruzione critica elaborata dagli studiosi d’arte sul progetto e sulle decorazioni pittoriche, iniziata già dal Vasari, proseguita nel Settecento e continuata fino ad oggi. Cappelletti, quindi, descrive la ricerca che si sviluppa nel Novecento e che diventa peculiare rispetto alle ragioni dell’architettura di Romano. Cita, ad esempio, Manfredo Tafuri (1935-1994) che nel saggio “Giulio Romano: linguaggio, mentalità committenti “(1989), offre una chiave interpretativa di argomenti complessi riguardanti la varietas, l’invenzione, l’ironia e il gioco, elementi presenti nella grammatica espressiva e compositiva di Giulio Romano.

11. Palazzo Te, Sala dei Cavalli. Foto: Marco Introini.

Precedentemente (a partire dal 1932) era stato un giovane Ernst Gombrich a porre l’attenzione sul progetto d’architettura di Giulio Romano, analizzandone l’opera d’arte “come documento per la conoscenza dell’artista” e il contesto culturale in cui era inserito. Più tardi Gombrich affronterà anche lo studio dell’iconografia del palazzo, cercando di capire le ragioni dei soggetti delle rappresentazioni, pur sapendo che la loro scelta è legata a “un elemento imperscrutabile”, contenuto nel pensiero, nell’immaginazione e nelle volontà del progettista e del committente.
La curatrice, inoltre, presenta le ricerche di altri studiosi come l’americano Frederick Hartt (1914-1991), che contribuirà molto a far conoscere Giulio Romano e il palazzo Te, e ancora il tedesco Egon Verheyen (1936-2008), che concentrerà il proprio lavoro sull’interpretazione delle iconografie dipinte nella varie sale del palazzo. Affreschi che furono ammirati dall’Imperatore Carlo V che venne a Mantova, in visita ai Gonzaga, per ben due volte.

13. Palazzo Te, Camera dei Giganti. Foto: Marco Introini.

Anche l’inglese John Shearman (1931-2003) affronta lo studio dell’opera architettonica di Romano esaminando le variazioni linguistiche, presenti nella composizione stilistica dell’edificio, in rapporto al concetto di Manierismo. Manierismo è un termine con cui si indica la produzione artistica rinascimentale sviluppatasi nella seconda parte del Cinquecento. Il termine può comprendere le tendenze sia degli artisti che lavorarono nella traccia dei grandi maestri, come Leonardo, Michelangelo e Raffaello, sia di quelli che tentarono di allontanarsi dalla regola, sperimentando nuovi equilibri tra canoni classici, licenze espressive e libertà dalla norma.
Altri esperti d’arte citati sono: Kurt Forster e Richard Tuttle; Amedeo Belluzzi e Walter Capezzali; Piera Carpi; Carlo D’Arco. Nell’antologia sono presentati testi di Carpi, Shearman, Gombrich, D’Arco, Verheyen e Hartt. Marco Introini descrive il Palazzo con immagini a colori di estrema precisione stilistica e con suggestive fotografie in bianco e nero.