Inaugurata pochi giorni fa, è in corso presso l’Architekturzentrum di Vienna una vasta rassegna che illustra l’opera progettuale dell’architetta pakistana Yasmeen Lari (n. 1941), la prima donna architetto del suo Paese.
L’esposizione viennese, oltre a essere la prima mostra monografica al mondo dedicata al lavoro di Lari, ha un ulteriore, duplice pregio: da un lato, analizza il lavoro di un’architetta pioniera della professione al femminile, autrice, tra l’altro, nel corso degli anni, di alcuni importanti esempi di architettura moderna; dall’altro, documenta (fino ai giorni nostri) la particolare evoluzione stilistico-filosofica della sua cifra progettuale verso le pratiche della sostenibilità e dell’impegno sociale.

Yasmeen Lari as an icon of modernism: residence in Karachi, 1973 ©photograph: Archiv Yasmeen Lari.

Infatti, la mostra Yasmeen Lari: Architecture for the Future ci restituisce “due Lari”, ambedue interessanti e meritevoli di attenzione, che, a prima vista, possono sembrare molto diverse tra di loro, quasi agli antipodi, ma, che, in realtà presentano diversi tratti comuni.
La prima è una Lari professionista, titolare dello studio Lari Associates, laureatasi a Londra nel 1964, alla Oxford School of Architecture, e che, una volta tornata nel Pakistan, realizza numerosi edifici, tra cui l’Angoori Bagh Housing, un complesso “sociale” di abitazioni a basso costo (Lahore, 1978), gli edifici commerciali come il Taj Mahal Hotel (Karachi, 1981), il Finance and Trade Center (Karachi, 1989) e la Pakistan State Oil House (Karachi, 1991), le due sedi dell’ABN Amro Bank (Lahore, 1998 e Karachi, 2000).
Invece, sono il 2000, l’anno in cui l’architetta pakistana decide di chiudere il proprio studio di progettazione per dedicarsi a tempo pieno alla Heritage Foundation Pakistan – la onlus fondata nel 1984 insieme al marito – e, soprattutto, il 2005, l’anno del terremoto nel Kashmir, con circa 82.000 vittime, che fanno emergere in superficie la seconda Lari, quella che, tra l’altro, avvia un movimento di autocostruzione a zero emissioni di carbonio per i rifugiati climatici e le comunità dei senza terra.

Elevation of Angoori Bagh, Social Housing, Architect: Yasmeen Lari, Lahore, Pakistan, 1975 ©photograph: Archive Yasmeen Lari.

Per Lari l’architettura deve bilanciare la sopravvivenza e la dignità individuale con la protezione del pianeta nel suo insieme: “Si tratta di scoprire quale metodo è il più conveniente, più sicuro e più ecologico, e quindi implementarlo in massa”.

Self-built, zero carbon, and flood-resistant houses, Sindh Province, Pakistan; tens of thousands have already been implemented. ©photograph: Archive Yasmeen Lari.

Negli ultimi decenni, Lari sviluppa e implementa il suo sistema di architettura a zero emissioni di carbonio – basato sulle economie locali, sul ripristino innovativo delle tecniche di costruzione tradizionali, utilizzando i materiali climaticamente neutri, quali fango, calce e bambù –, organizza corsi di formazione in autocostruzione e costruisce decine di migliaia di case resistenti alle inondazioni e ai terremoti, infrastrutture sanitarie e strutture per la comunità.
Il suo credo, per un’architettura per il futuro, è: “Dobbiamo calpestare il pianeta con leggerezza”.

Zero Carbon Cultural Centre in Makli, Pakistan, serves as training camp and test site for Yasmeen Lari’s zero carbon architecture, since 2016. ©photograph: Archive Yasmeen Lari.

Accompagnano la mostra viennese, numerosi eventi collaterali, tra cui visite guidate all’esposizione, workshop e conferenze, oltre al libro-catalogo della rassegna (edito da MIT Press, 288 pagine), formato da 12 contributi scritti e dal numeroso materiale iconografico inedito, proveniente dagli archivi dell’architetta pakistana.

The Green Women’s Centre made of prefabricated bamboo modules on stilts serves as a meeting place for women and a shelter in the event of flooding. ©photograph: Archive Yasmeen Lari.