Stoccolma è una città molto vasta sia nelle strade sia nella percezione spaziale che nella relazione tra architettura e spazio aperto… non la si riesce a comprendere sin da subito, ma bisogna attraversarla percorrendo le sue strade in salita, delle 14 isole che la compongono. Ma la Biblioteca civica di Gunnar Asplund, di cui ho tanto decantato la struttura formale geometrica e l’innovativa tipologia ai studenti del Politecnico, si raggiunge con molta facilità: dapprima si intravede il volume – dalle strade in salita o in discesa, a seconda da dove si intraprende il percorso – e, poi, si vede il Parco; dalle strade molto regolari, infine, appare l’area verde come una interruzione, sufficientemente vasta per poter percepire il rosso della Biblioteca, con i suoi due volumi “incastrati”, quasi incastonati nel terreno nella parte intermedia del Parco, come se costituisse un episodio nel percorso di salita.

Foto: Paola Froncillo.

All’inizio si passa da una grande vasca d’acqua e da una simulata cascatella di montagna tra gli alberi, con i sassi presenti nel terreno. Questo straordinario volume di un rosso “assoluto” appare subito molto interessante, perché lo si percepisce non come un Monumento imponente, ma come un “Episodio” nel parco. Dopo una piccola serpentina si arriva all’entrata principale: un grande portale di pietra grigia, una pietra lacustre locale. E questo color mattone “cangiante” che riveste completamente sia il basamento del parallelepipedo d’entrata sia il cilindro della Biblioteca stessa ti abbaglia; se percorro l’intorno, nella parte in cui è accessibile e mi avvicino a questo muro di “velluto-intonaco” dipinto, mi soffermo a fotografarne i particolari: una fascia che richiama architettura antica classica, quasi come se fosse un piccolo decoro, un bordo marcapiano tra il piano terra e il primo piano dell’edificio.

Planimetria.

La cosa che mi affascina di più, come architetto e visitatore non è certo il volume della Biblioteca di Asplund ma qualcosa che di certo non potevo aspettarmi (né avrei potuto immaginare durante gli anni di studio al Politecnico, né mentre trasmettevo, nelle lezioni agli studenti, la ricchezza del tipo della pianta centrale riproposto), il tema del PERCORSO dello spazio aperto e della modestia, la quasi impercettibile atmosfera “domestica” di questo Parco pubblico e privato nello stesso tempo: un piccolo giardino in collina che separa le costruzioni ordinate di una strada molto trafficata. Il parco ha la peculiarità di avere collocati in punti strategici intermedi alcuni episodi di sosta nel percorso: statue in bronzo molto interessanti, una, ad esempio, è posta in cima alla collina del Parco e un’altra, invece, è posta al bordo della vasca d’acqua, che si incontra prima di intraprendere l’ultimo pezzo di salita verso l’entrata alla Biblioteca.

Foto: Paola Froncillo.

La sua caratteristica si inscrive, nel momento in cui si è al cospetto dell’edificio monumentale, nel suo aspetto poco Imponente, che contiene tutta la discrezione e tutta la lieve atmosfera dell’Architettura Svedese, (probabilmente della personalità della cultura svedese), cioè il non ostentare la ricchezza pur avendola, il non ostentare decorazione pur percependola in tutte le cortine delle strade e le facciate delle costruzioni, incontrate durante la mia visita a Stoccolma.
Quindi, la cosa che maggiormente colpisce sono i dettagli: naturalmente, quelli delle decorazioni quasi incise nella muratura, in cui la luce molto forte le fa risaltare, come decorazioni di un bassorilievo greco antico e ottocentesco allo stesso tempo. Ricordo lo studio e l’attenzione che Asplund pose nei punti di incontro tra questo cerchio di base della planimetria e il quadrato esterno: ma questo volume e questa atmosfera di serenità e di modalità di vivere lo spazio aperto non l’avrei mai immaginata, mi coglie una stupefazione straordinaria. Ecco perché l’architettura necessita l’esperienza diretta nello spazio e non solo quella virtuale!

Foto: Paola Froncillo.

Ci arrivo dunque da una strada principale dal centro città e salgo, salgo e scendo dalle colline con direzione nord, e questa direzione nord-nord est attraversa molte quinte architettoniche costruite con un’eleganza incredibile in cui l’800 e il New International Style d’inizio ’900 si susseguono senza continuità e con intervalli di spazi aperti, che liberano la vista verso sfondi e altre strade sempre molto ordinate, edifici alti tutti uguali coronati da cupole in rame e, soprattutto, il grande lavoro architettonico e scultoreo degli angoli: quanto importanza hanno gli angoli per questa architettura ottocentesca! Mi riporta a Parigi, a Madrid, alla Svizzera, alla Francia, con i suoi balconi sostenuti da tiranti e staffe in ferro verniciato scuro, lastre di pietra e, soprattutto, grandissimi rivestimenti di mattoni faccia a vista, e poi quanta architettura inglese c’è in questi spazi, però, nobilitata dalle grandi architetture delle capitali europee e dai decori di una ricca borghesia, che si autorappresenta nelle facciate; come anche incredibili sono le scalinate degli ingressi negli atri, degli ingressi negli stabili civili… città magnifica Stoccolma!

Foto: Paola Froncillo.

Ritornando alla Biblioteca di Asplund, la sua assenza di opulenza, tipica dell’architettura e forse anche della personalità della cultura svedese, ci permette di ragionare su quanto la STRUTTURA dello spazio sia più importante – la giacitura, la posizione, la sua relazione con lo spazio aperto – più importante di quello che contiene l’edificio: esternamente potrebbe essere una biblioteca, un edificio amministrativo o una chiesa, tutto quello che la collettività vuole poter rappresentare.
Quello che ci rimane nell’arrivo e nel ritorno, nell’allontanarsi da questo spazio è sicuramente la posizione NON EGEMONE della sua ARCHITETTURA, il dialogo continuo, attraverso le viste dalle finestre molto regolari, con lo spazio esterno oltre che la grande importanza del PARCO: un grande giardino fatto di acqua, di percorsi sinuosi all’inglese, perché questa architettura è come se si trovasse all’interno di un giardino all’inglese, quasi per caso.
Nel contesto la temperatura che si percepisce ha il sapore di montagna per il freddo, per il vento e per il cielo quasi sempre terso, le nuvole e la pioggia improvvisa e, poi, si percepisce contemporaneamente il suo vasto mare con i gabbiani, con il fatto che la struttura di Stoccolma si colloca sopra molte isole collegate tra di loro dai ponti, mai monumentali.

Stoccolma. Foto: Paola Froncillo.

Biblioteca di Asplund e il Tipo in Architettura
“Pensare per Tipi nell’attività del progetto significa lavorare sulle costanti, su ciò che ritorna con modalità differenti nel tempo: con questa affermazione si dichiara la volontà di tematizzare le riflessioni riguardanti il tipo all’interno del rapporto tra permanenza e mutazione in quanto rappresentazione di uno schema di figura, ciò che rimane di alcuni edifici del passato svuotati dei riti e delle attività che ospitavano in origine. La distanza che li separa dalle nostre costruzioni consente a noi architetti oggi un atto interpretativo che sta alla base del progetto di architettura.Esiste ancora quindi una questione etica, a mio parere centrale, che riguarda la mancanza del rapporto tra architettura e società civile in un momento in cui nessuna memoria collettiva viene fondata nel progetto, mentre assistiamo all’esibizione di racconti personali a-contestuali”.

Erik Gunnar Asplund, Biblioteca pubblica, Stoccolma, Svezia, Pianta della prima e della seconda galleria.

Scrivevo così vent’anni fa e lo ribadisco ancora adesso: la differenza fondamentale tra tipo e modello; e già l’interesse che avevo per le tesi di Quatremère de Quincy che ne sottolineavano la differenza. E qui siamo al cospetto di un grande vano centrale a base circolare (è interessante vedere come i primi progetti di Asplund per questa biblioteca si ispirino al Pantheon), che si inscrive in un volume-parallelepipedo che lo ingloba (stesso tipo a pianta centrale del museo Neue Staatsgalerie a Stoccarda di James Stirling), coniando la permanenza del tipo a pianta centrale di cui abbiamo una serie di importanti declinazioni nel corso della storia: tipo che rimane e attività dell’uomo che mutano al mutare delle esigenze e degli accadimenti storici e che può includerle la grande architettura.

E noi oggi siamo ancora qui per ribadire la potenzialità di un’architettura delle regole che prenda la distanza da un’architettura dei modelli, che, quindi, permette la costruzione di nuove combinazioni e di nuovi rapporti tra le parti in un edificio, tra le figure che lo compongono.
Questa è la magnifica poetica della Architettura… come le onde del mare è sempre uguale nel suo moto e sempre diversa nelle sue sembianze.