Nel 1969, l’anno in cui progetta il celebre e innovativo televisore Black Box Brionvega, Marco Zanuso parte il 24 febbraio da Milano verso Lydenburg (Mashishing) in Sudafrica su invito di Sydney Arnold Press (1919–1997) e Victoria de Luria Press (1927–2015). Amanti dell’architettura, i coniugi sudafricani rimasero colpiti, leggendo un articolo sul magazine Réalités che presentava “alcune semplici case sul mare costruite in Sardegna”(1), dalla semplicità e attenzione al luogo di Casa Arzale (1962–1964) disegnata da Zanuso ad Arzachena, al punto di invitarlo a progettare la loro abitazione padronale nella Coromandel Farm recentemente acquistata. È questa la genesi dell’iconica Casa Press, nota anche come Coromandel House, a cui segue il progetto per Edgardale (1978), l’innovativa sede aziendale di Sydney Press a Johannesburg.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

Il primo sopralluogo segna l’iniziazione verso il vasto paesaggio africano di Zanuso, “una sensazione spaziale acuta, simile a quella che aveva sentito anni primi in Sardegna”(2). Il compito iniziale, documentato con numerose fotografie, è quello di definire l’ideale collocazione dell’abitazione, trovata infine in una porzione di terreno che domina un pianoro nel lieve declivio che prelude i più marcati dislivelli posti alle spalle. “Sebbene il sito scosceso fosse sostanzialmente privo di alberi e senza dirupi o affioramenti rocciosi, fu scelta perché riparata dal vento prevalente e più alta della foschia persistente”(3).
Le rovine archeologiche precoloniali del popolo Bokoni, conservate sui colli adiacenti, appaiono a Zanuso un richiamo ai valori arcaici(4) analogo a quello delle antiche costruzioni nuragiche, inteso sia come forma primaria di insediamento che di adattamento al luogo, documentando inoltre, come possibili riferimenti, le strutture minerarie e l’architettura vernacolare sudafricana(5).

Foto: Sydney and Victoria Press Family Archive, ca. 1975-1990.

La richiesta è per un’abitazione divisa in cinque parti, un’ala destinata ai coniugi, una ai quattro figli, una per le tre figlie, un’area centrale per intrattenere gli ospiti e una per il personale. Al ritorno dal Sudafrica Zanuso inizia a definire il progetto e, nell’arco di due mesi, sviluppa diverse soluzioni con cui articola l’organismo a partire dal nucleo centrale, dal quale ambienti a crescente livello di intimità si diramano in direzioni opposte verso il paesaggio: in pianta, una serie di ali lineari interconnesse e inframezzate da corti; in elevazione, ampi muri di pietra scanditi da profonde bucature verticali per ombreggiare le finestre; in sezione, dislivelli con scale definiscono le soglie tra i differenti gruppi di ambienti.
Nel luglio 1969, l’esteso programma funzionale porta ad uno sviluppo lineare della lunghezza di 170 m ed orientato lungo l’asse est-ovest. La pianta definisce cinque muri paralleli ed ininterrotti, posti a una distanza regolare di 3,7 metri, che vanno ad articolare le singole ali dell’abitazione per sequenze di ambienti in continuità longitudinale. Nel successivo viaggio in Sudafrica, nell’agosto dello stesso anno, Zanuso coinvolge il paesaggista Pietro Porcinai come consulente per gli aspetti paesaggistici non solo della villa ma dell’intera fattoria.

Pianta. ©Zamboni Associati Architettura, Andrea Zamboni.

Nel febbraio del 1970 il progetto si consolida in una serie di disegni di grande formato, mentre il footprint della casa si estende ormai su una superficie di oltre 1.600 metri quadrati(6). Mentre la prima soluzione definiva un’area pergolata con aperture di forma quadrata sul fronte nord, nella versione finale questa evolve in contrafforti semi-arcuati collegati in copertura con pali in legno al muro più esterno. Gli spazi interstiziali definiscono corti, ovviando al problema della calura, dell’abbagliamento e del riverbero con “abbondante ombra, frescura, verde e acqua”(7), e creando microclimi che regolano la temperatura intorno alla casa.
In numerosi schizzi Zanuso definisce il criterio di articolazione delle pareti per separare gli ambienti o in corrispondenza dei dislivelli dovuti all’adattamento al declivio. Gli spazi sono letteralmente modellati dentro e tra i muri, come se risultassero scavati in profondità. In corrispondenza degli ambiti più raccolti, definisce un sistema di cavità curvilinee che si oppone all’asprezza dei muri in dolerite, abbracciando lo spazio intimo come un guscio accogliente. Ambienti conformati dal contrapporsi di forme concave definiscono i locali di servizio delle camere in una successione di spazi. Le aperture di questi locali, tutte rivolte verso i corridoi-patio, risultano come effetto di scavi più profondi sulle pareti fino alla scorza esterna. Mentre localmente si disegnano cavità e anfratti, l’impianto complessivo definisce un corpo scavato da profondi corridoi che penetrano verso il cuore dell’abitazione.
Casa Press rappresenta l’evoluzione di un organismo complesso a partire da un nucleo di cellule elementari basato sui sistemi modulari di “unità ambientali” care a Zanuso, in questo caso enormemente estese nel vasto orizzonte del veld sudafricano. Come una forma arcaica, le testate dei muri paralleli s’inclinano alle estremità, rafforzando l’impressione di contrafforti che si allungano ben oltre la parte coperta, prolungandovi vasche d’acqua, incanalando scorci o inglobando interstizi naturali. Entrarvi dagli estremi è come scendere nel suolo, il principio insediativo del cimitero Muda-Maè di Longarone – nel 1969 in fase esecutiva – ma mentre questo è scavato nel terreno e i muri contengono le spinte, Casa Press è estroflessa come un organismo esoscheletrico.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

La costruzione richiede cinque anni (1970-1975), ampiamente documentata dalla corrispondenza tra l’ufficio di Sydney Press e lo studio di Zanuso. Press inizialmente nomina Henry Joubert a Johannesburg per supervisionare la costruzione, ma dopo alterne vicissitudini è l’architetto di fiducia di Press alla Edgars, Frantisek (Frank) Kosina, che assume la direzione dei lavori fino alla conclusione.
Le fotografie aeree dell’edificio appena completato, prima che la vegetazione si riappropri della costruzione inglobandola nel paesaggio come Zanuso volle e predispose, mostrano la costruzione ancorata al suolo, come un manufatto di epoca remota, nel quale convivono lo stato primario della costruzione e quello ultimo della rovina. Una fotografia in bianco e nero reca un’annotazione manoscritta, “interessante, anche se incompiuta”(8), in cui Zanuso allude al valore intrinseco di questa costruzione innovativa eppure arcaica, senza tempo, ed al carattere aperto, non-finito dell’opera: sarà infatti la vegetazione a completare il progetto riprendendo possesso del sito.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

Nel 1965 Zanuso scrive l’anomalo saggio “La casa. Megastrutture, cellule abitabili, grotte del 21° secolo”, in cui presenta la visione utopica di uno stile di vita futuro in cui gli esseri umani si liberano dai vincoli fisici grazie alla tecnologia. In linea con lo spirito della rivoluzione culturale del 1968, per Zanuso tale riflessione porta a precise scelte nella configurazione di una casa, riflettendo il progresso in termini di funzionalità e flessibilità: “Questa nuova casa e questa nuova città organica costituiranno il primo atto di regressione e di ritorno, almeno formale, dell’uomo alla natura: l’uomo preistorico fu a disposizione della natura in termini di assoggettamento, l’uomo del futuro riproporrà la sua disponibilità nei confronti della natura in termini di totale emancipazione”(9).
Casa Press traduce questa prefigurazione in una concezione integrale che combina gli aspetti architettonici, ambientali e tecnologici, celandone la complessità.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

Ciò è evidente in particolare modo nel disegno degli interni, dove le tecnologie più innovative garantiscono il massimo comfort attraverso accorgimenti celati all’interno del corpo dell’edificio. Aria condizionata, riscaldamento centralizzato, porte scorrevoli elettrocomandate, oltre ad un sistema di diffusione sonora a soffitto in tutta la casa e un sistema di proiezione cinematografica, sono tutti accorgimenti tecnologici integrati sotto il pavimento o nelle cavità del controsoffitto in modo da risultare invisibili. L’unica eccezione è rappresentata dal sistema di riproduzione musicale disegnato ad hoc da Livio Castiglioni (1911-1979) e posizionato al centro della casa in corrispondenza del basso muro che segna la “soglia” tra i differenti livelli dell’ampia zona giorno. Spogliato della complessità visiva solitamente associata alla tecnologia, l’interno dell’abitazione concepita da Zanuso è totalmente libero da vincoli, consentendo di assaporare le qualità essenziali del vivere immersi nella natura.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

L’interno labirintico ed in leggera penombra dell’abitazione allude all’Allegoria della Caverna di Platone e contrasta nettamente con l’esteso paesaggio in cui la casa fornisce un riparo. La materialità arcaica della pietra, così strettamente legata al senso del luogo, viene introiettata anche nel disegno degli interni, in equilibrata contrapposizione con finiture innovative in linea con la ricerca di Zanuso sull’abitare contemporaneo. Questo si traduce anche nella scelta delle finiture dei pavimenti e del soffitto, interamente in legno autoctono per fornire un senso di domesticità agli ambienti, creando a soffitto un disegno articolato che rimarca la sequenza degli spazi dando risalto ad ambienti come l’ingresso principale o la palestra. Persiane in legno scorrevoli poste davanti alle grandi portefinestre aumentano il senso di protezione o, al contrario, la completa apertura verso l’ambiente naturale.
A completamento della sua architettura, la casa è stata accuratamente studiata anche nella scelta degli arredi, frutto di un intenso scambio epistolare con Victoria Press, includendo un’accurata selezione del più avanzato design europeo e nordamericano dell’epoca, tra i quali le sedute sedie Woodline disegnate da Zanuso.
La mano e i principi che hanno guidato la concezione di Casa Press sono gli stessi che nei medesimi anni disegnano il televisore Black Box ST201 (1969) o in precedenza la radio TS 502 (1962), i cui gusci ermetici ed iconici celano sistemi tecnologici avanzati, percepibili attraverso fessure oppure aprendo il dispositivo.

Foto: Dewald van Helsdingen / DVH Photography.

Diversi anni dopo Zanuso precisa: “Il vizio vero del periodo storico in cui viviamo è la tecnologia (…) non portata alle sue conseguenze finali – che sono poi quelle liberatorie, di ritorno alla natura e all’umanità (…) Non sto parlando di un formalismo di tipo tecnologico, che non è altro se non la rappresentazione della tecnologia dimezzata e non certo il modo giusto di rispondere, in termini architettonici, al mondo e al momento in cui viviamo (…) Infatti, l’unica possibilità di dare salvezza alla natura, quale garanzia della sopravvivenza del globo terrestre e dell’umanità, è quella di portare l’artificio alle sue conseguenze estreme”(10).
Casa Press, con il suo aspetto di fortilizio, testimonia la piena realizzazione di questa visione, combinando lo studio ponderato del comfort con fattori di adattamento ambientale, soluzioni di buon senso e a bassa tecnologia. I muri spessi e ininterrotti, la forma estesa e allungata, la costruzione a un solo piano sfruttano il condizionamento naturale e autoregolato del terreno e il ricircolo dell’aria. Il tetto integralmente inerbito, coperto da 70 cm di terra e abbondanza di piante autoctone, sfrutta la medesima inerzia termica del terreno, l’isolante più economico e naturale, così come l’acqua nelle vasche esterne attenua l’inversione termica e favorisce il ricambio d’aria negli spazi interstiziali. Poche aperture, solo agli estremi, riducono l’accumulo o le dispersioni di calore, mentre i contrafforti frangono l’ombra sui muri. Casa Press è intrinsecamente innovativa e straordinariamente attuale, esempio di una realizzazione concepita sotto la disciplina unitaria del progetto, prima che il design, la tecnologia e la progettazione ambientale prendessero strade autonome rispetto a quella architettonica, perdendo la concezione integrale caratteristica del lavoro di Zanuso.

Foto: Sydney and Victoria Press Family Archive, ca. 1975-1990.

Per ammissione di Zanuso, Casa Press è il risultato di un “innamoramento”, sia per l’audace visione dei clienti che per l’unicità del luogo. La fine della costruzione fu sancita con un’iscrizione sopra l’ingresso dell’abitazione, con una citazione dall’Eneide che recita: “Hic terminus haeret. Marco Zanuso per Sydney Press. MCMLXXV”. Il versetto richiama l’atto epico della fondazione di Roma(11), ma il verbo “haeret”, tra i diversi significati, include quello del varcare una soglia verso l’ignoto. Casa Press rappresenta un sorprendente avanzamento rispetto all’idea di abitare perseguita da Zanuso. In questa residenza, l’unica che realizza al di fuori del contesto culturale e geografico del Mediterraneo, vediamo non tanto una sintesi della ricerca di Zanuso sull’abitare quanto il varcare la soglia oltre la quale la costruzione si dissolve nell’estrema compenetrazione tra artefatto e natura.
Coromandel House supera la concezione di una forma organica “finita” – ovvero di un sistema modulare chiuso – verso “sistemi ambientali” aperti, una tendenza già presente in Zanuso in altre tipologie a più grande scala. Dopo Casa Press, questa evoluzione progredisce ulteriormente tramite due fattori concomitanti: da un lato enfatizza la ricerca di forme ancestrali di “occupazione” del sito, dall’altro tali forme si disgregano come lacerti “archeologici” in attesa di essere assimilati dal luogo.
Se questa progressione ha inizio ad Arzachena e vede la sua più riuscita espressione in Casa Press, è infine nella Casa sull’Isola di Cavallo in Corsica (1981–1988) che trova il suo culmine – il punto di contatto tra civiltà meccanica ed elemento naturale – portando “l’artificio alle sue estreme conseguenze”: “Hic terminus haeret”.

Note
1. Truswell, H, “Spirit of the Veld”, Fair Lady, 15 May 1985, pp. 54-60.
2. ZML, “Un segno nella natura; Lydenburg Sudafrica”, Abitare, vol. 191, 1981, p. 16.
3. Truswell, H, “Spirit of the Veld”, Fair Lady, 15 May 1985, p. 59.
4. Barnes, H. “Architecture: Marco Zanuso”, The Architectural Digest, June 1980, pp. 114-121.
5. Mendrisio Academy Balerna, Archivio del Moderno, Fondo Marco Zanuso: Norman Eaton plans for Sedgefield.
6. Steyn, G, “The Coromandel Manor House (1975): Marco Zanuso’s Encounter with an African Site”, South African Journal of Art History, vol. 31, 2016, pp. 38–54.
7. Truswell, H, “Spirit of the Veld”, Fair Lady, 15 May 1985, p. 59.
8. Archivio del Moderno, Balerna, Fondo Marco Zanuso.
9. Zanuso, M, “La casa. Megastrutture, cellule abitative, caverne del XXI secolo”, Pianeta. Planète, no. 8, June/August 1965, pp. 73–77.
10. Zanuso, M, Un’idea di tecnologia – excerpts from “portare l’artificio alle sue conseguenza estreme”, Vittorio Magnago Lampugnani interviewing Marco Zanuso, Domus, no. 690, January 1988.
11. Eneide (IV; vv. 615–620).

Archivi consultati
Archivio del Moderno, Fondo Marco Zanuso
Archivio Pietro Porcinai
University of Pretoria, Department of Architecture Archive
Archivio privato Press Family
Archivio privato Clive Chipkin
Fair Lady Archive