La tua casa. Atlante del patrimonio residenziale pubblico del Comune di Milano.
Si tratta di un’opera in quattro volumi sulle Case Popolari di proprietà del Comune di Milano e date in gestione a Metropolitana Milanese a partire dal dicembre 2014. Questo mio lavoro, pubblicato dalla Direzione Comunicazione di MM S.p.A., racconta e illustra la storia dell’articolato patrimonio abitativo inserito tanto in aree urbanizzate quanto in contesti rurali, documentando puntualmente attraverso la cartografia storica la trasformazione del paesaggio urbano e periurbano.

Mappa incisa da Giuseppe Pezze e pubblicata nel 1827, intitolata “Pianta della città di Milano” (da riproduzione anastatica).

I volumi sono l’esito di una ricerca affidata da MM S.p.A. al Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano allo scopo di studiare e far conoscere vicende, caratteri architettonici e qualità urbana del patrimonio edilizio del Comune di Milano, costituito da poco più di 200 beni, intendendo per beni singole case, complessi o interi quartieri. Lo studio si è svolto dal 2015 al 2019 in stretta collaborazione con la Divisione Casa di MM S.p.A. la quale ha fornito i dati attuali sul patrimonio e ha facilitato i sopralluoghi e i contatti con i comitati degli inquilini. Informazioni sullo stato degli edifici e sulle manutenzioni eseguite nei primi anni Duemila si devono all’Ufficio Tecnico del Comune di Milano, mentre la cartografia è stata fornita dalla Unità SIT Centrale e Toponomastica del Comune di Milano. Durante una recente presentazione il Direttore Generale di MM, dott. Stefano Cetti, ha sottolineato che “La conoscenza è ciò che ci ha spinto fin dall’inizio a volere la realizzazione di questo Atlante. Un lavoro complesso con l’obiettivo di fare sistema dei fondi documentali e delle testimonianze che hanno visto sviluppare, in questa città, le case popolari”.

Umberto Boccioni, Officine a Porta Romana, 1909-10, olio su tela, 75 x 145 cm. Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d’Italia, Milano.

Lavoro sul campo e in archivio
Alla base del lavoro vi è la raccolta sistematica di dati, notizie, immagini, cartografie, a cui si aggiungono le considerazioni derivanti dai sopralluoghi e le testimonianze degli abitanti. La ricerca mette in luce valori architettonici e valori sociali dai quali partire per interventi di manutenzione, di recupero e di cura in generale, oltre a essere la base per il dialogo con i residenti. Inoltre, come già accennato, ricostruisce puntualmente la trasformazione del paesaggio urbano di Milano nell’arco di questi ultimi quattro secoli.

Gruppo di case per sfrattati in località Trecco, Taliedo, inaugurate nel 1934. Lastra Vincenzo Aragozzini, 1934 (Archivio Civico Fotografico Milano ©Comune di Milano).

Ogni volume segue la suddivisione della Città in Municipi. Il primo è dedicato alle abitazioni di proprietà comunale esistenti nel Municipio 1, il secondo illustra quelle situate nei Municipi 2, 3, 4 e 5, mentre il terzo comprende le residenze dei Municipi 6 e 7; nell’ultimo si presentano le proprietà localizzate nei Municipi 8 e 9.
Ogni singola opera si compone di una prima parte contenente i testi di approfondimento in tema di storia della città e delle case popolari. La seconda parte inquadra il Municipio e le schede relative ad ogni singola residenza di proprietà comunale. Ciascuna scheda descrittiva è corredata dalle fotografie e dall’apparato cartografico testimoniante l’evoluzione del sito, nonché da disegni di progetto quando reperiti.
I primi tre volumi sono stati stampati rispettivamente nel 2016, 2017 e 2019, mentre la pubblicazione del quarto è programmata per questo 2021.

Complesso di via Fabrizio De Andrè n. 10-11, Municipio 5, ultimato nel 2009 (Foto dell’Autore, 2017).

L’età delle case
Le residenze comunali studiate appartengono a epoche differenti. Delle 216 proprietà catalogate, 34 sono state costruite tra il XV e il XIX secolo, 170 nel XX e 12 nel XXI secolo. Per quanto concerne quelle costruite tra il XV e il XIX secolo occorre evidenziare che in origine erano proprietà di privati e non sempre erano destinate alle famiglie meno abbienti. Sono state acquisite dal Comune di Milano mediante espropri o attraverso donazioni, in genere avvenute tra gli anni Trenta e Cinquanta del XX secolo. In seguito sono state tutte ampiamente trasformate, soprattutto per quanto riguarda la suddivisione degli alloggi, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento.

Planimetria del piano terreno. Disegno di progetto dell’arch. Giovanni Broglio (tavola gentilmente concessa dall’Archivio Società Umanitaria). Scheda: Viale Lombardia n. 65.

Le Abitazioni del XV-XVII secolo    Sono due le case di proprietà del Comune di Milano le cui origini risalgono al periodo compreso tra XV e XVII secolo:
– la Cascina Monterobbio, un complesso rurale di probabile origine tardo medioevale, situata in via San Paolino n. 5;
– la casa di via Terraggio n. 1 e n. 5. Si tratta della Casa Bartolotti realizzata riformando un precedente edificio risalente al XV secolo; la facciata che ancora oggi vediamo è stata progettata secondo un disegno unitario dall’ingegnere Luigi Salici e realizzata tra il 1878 e il 1896.

Le Abitazioni del XVIII secolo    Secondo la letteratura e le fonti archivistiche quattro “palazzetti” hanno probabile origine Settecentesca. Fanno parte del Municipio 1, trovandosi in via Bergamini n. 1, via Lanzone n. 19, via San Maurilio n. 6 e via Stampa n. 6. Diversi interventi edilizi ne hanno modificato i caratteri esterni ed interni, tanto che l’originario stile architettonico è difficilmente riconoscibile ad un primo sguardo.
L’edificio che mostra caratteri settecenteschi si trova in via San Maurilio n. 6. Sull’arco di una delle attuali vetrine al piano terreno possiamo ammirare il ricco fregio a fogliami caricato di uno stemma. Le cornici delle finestre, all’esterno e all’interno, terminano inferiormente con una voluta, mentre le ringhiere dei balconi sono di ferro finemente lavorato secondo il gusto del tempo. Sono inoltre distribuiti sulla facciata i cartigli e gli altri elementi decorativi a motivo di conchiglia e di maschera.
Un caso dove, invece, le caratteristiche originarie sono decisamente scomparse è situato in via Bergamini n. 1. In questo stabile alla metà dell’Ottocento si chiude una loggia al secondo piano e si innalza l’edificio di un ulteriore livello, uniformando l’intera facciata.

Progetto per il Primo Quartiere della Società Umanitaria dell’arch. Giovanni Broglio: “Sezioni e prospetti delle facciate verso i cortili” (tavola gentilmente concessa dall’Archivio storico della Società Umanitaria).

Le Abitazioni del XIX secolo    Allo stato attuale delle conoscenze gli edifici di origine Ottocentesca in gestione a MM S.p.A. sono ventotto e così dislocati: corso Giuseppe Garibaldi n. 11, n. 17, n. 75, n. 89 e n. 91; via Anfiteatro n. 14; via degli Assereto n. 19; via Bergamini n. 5; via Bezzecca n. 3; viale Bligny n. 24; via Francesco De Lemene n. 51 e n. 55; via Paolo Frisi n. 3; via Hermada n. 4; viale Edoardo Jenner n. 54; via Carlo Imbonati n. 25; via Laghetto n. 2; via Palermo n. 15; viale Pasubio n. 14; via Peschiera n. 1; corso di Porta Ticinese n. 51a, n. 96 e n. 98; via Rivoli n. 4; piazza Santa Maria del Suffragio n. 2; via Scaldasole n. 5; via Giorgio Strehler (già degli Angioli) n. 1; via Evangelista Torricelli n. 19.
Alcuni sono stati sia espropriati sia acquisiti dal Comune tra il 1932 e il 1944, altri negli anni successivi. Tutti questi edifici sono stati ampiamente trasformati nel XX secolo, soprattutto internamente. In alcuni casi si sono ricostruite le facciate, andando a riposizionare le antiche soglie, le ringhiere e le cornici per ricomporre la forma originaria; lo schema è ancora leggibile nella maggior parte dei casi.
Si può ricordare che taluni edifici mostrano decorazioni più ricercate rispetto ad altri, ma tutte sono improntate al decoro e alla composizione stilistica in voga nel periodo d’appartenenza.

Municipio 6, via Ovada n. 38: quando il verde ti abbraccia… (foto di Maurizio Bellani, 2018).

Le Abitazioni del XX e XXI secolo    Una chiara varietà di architetture, che va dai primi del Novecento ai primi del XXI secolo, è documentata nei volumi. In alcuni casi si tratta di opere firmate da architetti, altre sono “anonime”, ma esemplificative di una specifica tecnologia costruttiva. Sono la risposta offerta alla questione della “casa per tutti”, oltre alla prassi urbanistica dettata soprattutto per le opere più recenti. Sono l’esemplificazione delle iniziative, non sempre felici, alle richieste e alle esigenze di una città che cambia. Tra esse vi sono, ad esempio, le residenze andate ad innestarsi sugli spazi lasciati dalla dismissione delle fabbriche.
Eccone alcuni esempi:
– in via Orti n. 10 nel 1906 sorge un edificio residenziale destinato alle famiglie dei lavoratori che, in numero sempre crescente, “scelgono” di vivere in città. Il 10 luglio 1905 il capomastro Carlo Maddalena, proprietario del terreno, presenta in Municipio il progetto firmato dall’architetto Galeazzo Salmoiraghi: si tratta di una lunga stecca di alloggi disposta normalmente alla strada carrozzabile.
– la casa in via Ruggiero di Lauria n. 17 (già Corso Sempione n. 99) risale al 1908 ed è ideata dall’ing. Adolfo Valabrega. Il progetto è stato presentato agli uffici comunali il 12 marzo 1908 e a settembre dello stesso anno l’edificio risultava compiuto al civile. L’iniziativa della costruzione si deve alla signora Rosa Mari in Colombo, la quale desiderava un edificio da destinarsi a caffè, ristorante e abitazione civile. Ancora oggi, al piano terreno, vi è un ristorante.
– il “Quartiere d’abitazione a Milano per famiglie di lavoratori aventi numerosa prole” della Fondazione Crespi Morbio, è situato in via Sant’Elembardo n. 2. Il progetto si deve all’ing. Franco Bruni, il quale diresse anche i lavori, e all’arch. Emilio Lancia. Il complesso è stato ultimato nel 1941. A memoria dell’opera i progettisti diedero alle stampe un volume edito nel 1939 dalla Casa Editrice Garzanti. Anche la prestigiosa rivista “Architettura”, diretta da Marcello Piacentini, pubblicò un esaustivo e ben illustrato articolo da cui è tratta la foto d’epoca qui a corredo.

Fotografia d’epoca del Quartiere d’abitazione a Milano per famiglie di lavoratori aventi numerosa prole di via Sant’Elembardo n. 2. (da: “Architettura. Rivista del Sindacato Nazionale Fascista Architetti”, fascicolo VI – giugno 1942, p. 175).

Il Quartiere della Fondazione Crespi Morbio di via Sant’Elembardo n. 2 (foto dell’Autore).

– un ulteriore esempio ci è dato dal Quartiere Ettore Ponti, ubicato nel Municipio 4, tra via Del Turchino n. 18, n. 20, n. 22 e via Maspero n. 5. È composto da 19 edifici distribuiti singolarmente e in coppia lungo sette schiere parallele orientate in direzione nord-sud. Leggermente ruotati rispetto all’asse eliotermico i palazzi hanno 332 alloggi con tagli di uno, due e tre locali più servizi. Il Quartiere è stato realizzato in due lotti: dall’agosto 1939 al novembre 1940 e da gennaio 1940 all’agosto del 1941. Appena costruito vi erano nove schiere composte da 25 edifici identici, accoppiati o semplici, alti quattro piani (quelli interni) e cinque piani (quelli fronteggianti via del Turchino). Si contavano 439 alloggi per n. 1.508 abitanti. Nel dopoguerra le schiere sono state ridotte a sette per lasciare spazio alla costruzione del vicino Mercato Generale.
Il progetto edilizio fu affidato agli architetti Franco Albini, Renato Camus e Giancarlo Palanti. È stato realizzato dall’Istituto Fascista Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Milano su incarico del Comune e studiato unitamente ad altri due quartieri realizzati nel medesimo periodo: il Quartiere Antonio Beretta (oggi Palmanova) delimitato dalle vie Bruno Cesana, Antonio Tarabella e Palmanova (Municipio 2), progettato dall’ing. Gaetano Angilella e il Quartiere Luigi Mangiagalli realizzato lungo le vie Jacopino da Tradate, Bramantino, Giovanni De Predis (Municipio 8) progettato dall’arch. Giovanni Broglio.
Per quanto riguarda la sua collocazione, il Quartiere è sorto alla periferia sud orientale, sulla striscia di terra circondata da cascine e fontanili. Era delimitato a nord da via del Turchino e a sud dalla strada consorziale della Cascina Besana, oggi scomparsa, che lo divideva da un’altra area libera anch’essa di proprietà del Comune di Milano. La mappa cittadina del 1930 mostra la sovrapposizione fra l’antica maglia strutturale viaria e idraulica e alcune principali nuove strade, frutto delle previsioni urbanistiche d’infittimento della città, ridisegnanti completamente l’antico paesaggio agrario. Negli anni Trenta le cascine più vicine all’area di nostro interesse erano a ovest la Palazzetta e la Besana, a sud la Colombè e a est la Trecca. Dell’intricato reticolo di canalizzazioni che adacquava i campi, il Fontanile Calvairate e il Cavo Trecca erano quelli che attraversano ortogonalmente il lotto su cui andò ad insistere il quartiere Ponti. La mappa del 1965 mostra l’assetto viario modificato rispetto all’origine, con l’apertura delle vie Maspero e Monte Cimone, l’inserimento dei complessi residenziali e industriali nei lotti attigui, e l’area occupata dai Mercati Generali.

Nella campagna milanese sorge il quartiere Ettore Ponti. Veduta complessiva da nord ovest (Giuseppe Pagano, Due quartieri popolari a Milano, in “Costruzioni Casabella” n. 178, ottobre 1942, p. 14). Scheda: Quartiere Ettore Ponti – Via Del Turchino n. 18, 20 e 22, Via Maspero n. 5.

Il Quartiere Ettore Ponti come si presenta attualmente. Foto dell’Autore.

– in ultimo si può ricordare il complesso di via Senigallia n. 60, nel Municipio 9. Progettato da OdA Officina di Architettura, è uno dei più recenti complessi residenziali. Si trova all’estrema periferia nord della Città, nella parte più recente di Bruzzano. È l’esito del concorso internazionale “Abitare Milano/1 – Nuovi spazi urbani per gli insediamenti di edilizia sociale”, indetto dal Comune di Milano nel 2005. Con tale Concorso l’Amministrazione Comunale ha voluto realizzare nuove residenze su terreni di sua proprietà e destinati a standard dal Piano Regolatore. Oltre a via Senigallia n. 60 le aree su cui si è costruito si trovano in via Appennini n. 92-98 (nel Municipio 8), in via Civitavecchia n. 100-108, (nel Municipio 3) e in via Ovada n. 34 e n. 38 (nel Municipio 6).

Il complesso di via Senigallia n. 60. Foto dell’Autore.

La distribuzione sul territorio
Il maggior numero di case comunali si trova nel Municipio 9 (40), mentre una minor presenza di case si registra nel Municipio 2 (13) e nel Municipio 3 (13); negli altri Municipi il numero delle abitazioni di proprietà comunale varia tra il 20 e il 28.

Quartiere Lorenteggio, via dei Giaggioli n. 7-11. Prospetto della facciata nord disegnata dall’architetto Arrigo Arrighetti, tavola N. 6 datata 16 febbraio 1953 (Cittadella degli Archivi e Archivio Civico Milano, fascicolo 396/1957 Lavori Pubblici).

A questo punto ci si potrebbe porre la seguente domanda: “Perché raccontare vicende delle case popolari in questo difficile momento in cui i ritmi sono dettati dall’emergenza sanitaria”?
Perché la Casa è il nostro più importante “ancoraggio”. Soprattutto, in tempo di pandemia, la casa diventa anche il luogo dove si lavora e si studia, passandovi intere giornate.
Conoscere la storia della propria casa allarga gli orizzonti, ci trasporta in tempi remoti, fornisce un motivo di appartenenza al luogo, sazia qualche curiosità.

Veduta da via Tofano: il lungo fronte secondario di uno dei due edifici in linea di via San Romanello confina con un’ampia proprietà coltivata (foto dell’Autore, 2018).

Le nostre quattro mura diventano “asilo”, luogo dove prendersi cura di sé stessi, della propria famiglia e dei vicini con cui convivere auspicabilmente in armonia.
E così sottolinea il concetto l’architetto Gio Ponti: “Ove non è casa non è vita, cioè non è famiglia, quindi non è demografia, quindi non è né agricoltura, né lavoro, quindi, non è pane, non è benessere, onde non è giustizia, e senza giustizia non è pace né nelle nazioni, né fra le nazioni stesse, non è civiltà” (Gio Ponti, La casa per tutti, in “Corriere della Sera”, 26 luglio 1942).