Nel susseguirsi delle pronunce giurisprudenziali sull’interpretazione dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con particolare riguardo alla distinzione tra attività edilizia libera e attività soggetta al rilascio di titolo abilitativo, appare interessante il recente intervento del Tar Lazio, che con sentenza 22 dicembre 2017 n. 12632, ha finalmente elaborato una chiara definizione di “Pergotenda”, escludendo per la stessa la necessità di richiedere un permesso di costruire.

Nel dettaglio, il Collegio laziale si è pronunciato a riguardo di una contestata opera edilizia realizzata da una società gestrice di una caffetteria, sintetizzando quanto espresso finora dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento alle c.d. “strutture amovibili”, soffermandosi persino a precisare nei dettagli costruttivi cosa si debba intendere per “pergotenda” e quale sia la relativa disciplina. In sintesi, è stato chiarito che:
1) la “pergotenda” è una struttura destinata a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e installabile al fine di soddisfare esigenze non precarie. Non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo;
2) sotto il profilo normativo la realizzazione di tale costruzione, tenuto conto della sua consistenza, delle caratteristiche costruttive e della funzione che la caratterizza, non costituisce un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo atteso che sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera, secondo la configurazione standard che caratterizza tali manufatti nella loro generalità, destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche;
3) per aversi una costruzione definibile come “pergotenda” occorre che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda;
4) la tenda poi deve essere in materiale plastico e retrattile, onde non presentare caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti, la copertura e la chiusura perimetrale non debbono presentare elementi di fissità, stabilità e permanenza, proprio per il carattere retrattile della tenda, onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio che si connota per la creazione di nuovo volume o superficie;
5) inoltre, l’elemento di copertura e di chiusura deve essere costituito da una tenda in materiale plastico, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.

In proposito il Consiglio di Stato sezione VI, con sentenza 27 aprile 2016 n. 1619 si era già espresso con riguardo alla distinzione tra “pergotende semplici” e “pergotende tamponate lateralmente con vetri”, osservando che “la natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro viene comunemente usato per la realizzazione di pareti esterne delle costruzioni) fa sì che la struttura di alluminio anodizzato si configuri non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma venga piuttosto a costituire la componente portante di un manufatto, che assume consistenza di vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituiscono vere e proprie tamponature laterali”.
In questo caso il manufatto non è più una “pergotenda” nell’accezione delineata dal Tar Lazio, ma si configura, invece, come “nuova costruzione” assimilabile ad una veranda, risultando detto manufatto idoneo a determinare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, come tale soggetta al rilascio del previo titolo abilitativo.

Per quanto riguarda la nozione giuridica di “veranda” si ricorda che la stessa è stata definita nell’Allegato A dell’Intesa sottoscritta il 20 ottobre 2016 tra il Governo, le Regioni e i Comuni (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/11/16/16A08003/sg), come un “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.

Il Consiglio di Stato, nel richiamare la predetta definizione, ha recentemente osservato (sentenza 25 gennaio 2017 n. 306) che la veranda è caratterizzata da ampie superfici vetrate, che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro; per questi motivi la realizzazione di una veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.

In conclusione, dopo le pronunce del Tar Lazio dello scorso dicembre e dell’Intesa sottoscritta il 20 ottobre 2016 tra il Governo, le Regioni e i Comuni, risulta molto più agevole che in passato decidere tra la realizzazione di una pergotenda o di una veranda, con tutte le conseguenze che ne derivano sotto il profilo urbanistico-edilizio.