I giardini hanno profonde radici culturali e rispecchiano l’identità di chi li progetta in risposta ai sogni e alle visioni ricevuti insieme all’incarico. Essi testimoniano la nostra relazione con la natura, che oggi, tuttavia, va oltre un semplice idillio romantico, in quanto interessano anche altre tematiche più universali quali la biodiversità e il futuro sostenibile.
Inaugurata il 25 marzo, la mostra Garden Futures: Designing with Nature – promossa dal Vitra Design Museum, dalla fondazione tedesca Wüstenrot Stiftung e dal museo Nieuwe Instituut di Rotterdam – presenta al pubblico, per la prima volta, una rassegna così ampia incentrata sulla storia e sul futuro del giardino moderno.

Derek Jarman, Prospect Cottage Garden at Dungeness, Kent, UK, from 1986. Photo: Howard Sooley, 1993.

L’esposizione, in corso presso il Vitra Design Museum a Weil am Rhein, attraverso una vasta gamma di esempi di architetture del paesaggio, di design e cultura contemporanea legati al tema – tra cui fattorie verticali, orti comunitari e giardini realizzati dai progettisti quali Roberto Burle Marx, Mien Ruys, Derek Jarman – esplora il significato simbolico e filosofico-religioso del giardino, nonché il suo ruolo nella società e nella politica.

Céline Baumann, Parliament of Plants, 2020. ©Studio Céline Baumann.

La sezione iniziale della mostra presenta un’installazione multimediale con opere di Hans Thoma, Georg Gerster, Athanasius Kircher, Barbara Stauffacher-Solomon, Gabriel Guevrekian, Alvar Aalto, Thomas Church, Vita Sackville-West, Luis Barragán e altri, in cui il giardino è rappresentato come un luogo che ispira la nostra vita quotidiana e fantasia.

Piet Oudolf, Oudolf Garten on the Vitra Campus, Weil am Rhein, 2020. ©Vitra, Photo: Dejan Jovanovic.

Nella seconda parte, la rassegna documenta il tema dei giardini occidentali e dell’impatto che le piante importate da un continente all’altro hanno avuto sul loro sviluppo. Il commercio delle specie vegetali e l’aspetto dei giardini privati sono stati profondamente influenzati dalla cosiddetta “Teca di Ward”, che ha promosso lo scambio globale di piante utili come il e l’albero della gomma, a beneficio delle potenze coloniali.
Inoltre, la sezione esplora il tema della giustizia sociale e della partecipazione pubblica attraverso gli esempi elaborati, nel 1898, dal riformatore britannico Ebenezer Howard, per città-giardino fruibili anche dagli strati sociali meno abbienti, e le azioni intraprese dal movimento Green Guerrilla (fondato negli anni ’70 da Liz Christy a New York), perché il verde cittadino diventi un luogo di giustizia sociale e partecipazione pubblica.

Liz Christy in one of her Lower East Side gardens, New York City, 1975. Photo: Donald Loggins.

La seguente, terza, sezione presenta opere di nove creatori di giardini, tra cui: l’architetto del paesaggio brasiliano Roberto Burle Marx (1909-1994), che ha progettato giardini usando piante autoctone per renderli il più possibile simili alla natura; l’architetto Piet Oudolf, le cui composizioni floreali emanano fascino anche quando non sono in fiore; Jamaica Kincaid, autrice e giardiniera, esamina la storia coloniale, lo sfollamento dei popoli e l’appropriazione culturale attraverso il suo giardino creato in Vermont; l’artista e regista Derek Jarman ha creato un’opera d’arte floreale nella ghiaia inospitale della costa inglese, accanto a una centrale nucleare; l’architetto del paesaggio malese Ng Sek San ha contribuito alla creazione di un orto comune in Kuala Lumpur, diventato poi un esempio per diverse iniziative cittadine simili.

Roberto Burle Marx, Design for the Ministry of Education and Health roof garden, Rio de Janeiro, 1938. ©Burle Marx Institute Archive.

La parte finale di Garden Futures si concentra su progetti che affrontano il futuro del giardino in un’epoca di crisi climatica, ingiustizie sociali, minacce per la biodiversità e isolamento sociale. In questo contesto, il giardino diventa un luogo terapeutico, spirituale ed educativo. Vengono presentati il “prato” tessile calpestabile dell’artista argentina Alexandra Kehayoglou, che evidenzia la minaccia del cambiamento climatico per i paesaggi, e altri progetti di giardini contemporanei, tradizionali e indigeni, che dimostrano come il giardino possa essere applicato in città, edifici e altri contesti ancora.

Stefano Boeri Architetti, Bosco Verticale (Vertical Forest), Milan, 2007-14. ©Stefano Boeri Architetti, Photo: Dimitar Harizanov, 2020.

Lo staff di curatrici e curatori è composto da Viviane Stappmanns, Nina Steinmüller, Marten Kuijpers, Maria Heinrich, mentre la scenografia della mostra è stata curata dal duo di designer italiani dello studio Formafantasma.
In occasione della rassegna è stato pubblicato un libro di 228 pagine e ca. 180 fotografie, contenente saggi, interviste e case study, che è disponibile presso il Vitra Campus e online.
Il programma espositivo (qui) prevede anche tour guidati, in inglese e in tedesco, talk, Green Eating – Guided Tour and Dinner, workshop.

James Wines, Drawing of the Highrise of Homes (theoretical project), 1981, Collection Jonathan Holtzman. ©James Wines.