Presso il Pavillon Le Corbusier di Zurigo, è in corso un’esposizione dedicata all’utilizzo del colore quale elemento spazialmente formativo e iconico nell’architettura di Le Corbusier. Il progettista, ma anche artista, svizzero-francese definì “il colore in architettura” come “un mezzo potente quanto la pianta e la sezione”.

Eastern and northern façades of the Unité d’habitation in Marseille with their polychrome loggias, 1951, Fondation Le Corbusier, Paris.

Le Corbusier (1887-1965) fu affascinato dalle grandi e molteplici proprietà spaziali e associative del colore, che utilizzò, come parte integrante del proprio lavoro, lungo tutta la propria carriera professionale. In realtà, la sua prima fase progettuale, quella cosiddetta “purista”, è caratterizzata principalmente dall’utilizzo del colore bianco ed è solo dopo la seconda guerra mondiale che gli aspetti cromatici iniziano ad assumere quel significato “moderno”, tutt’ora d’attualità, all’interno delle sue opere.

Le Corbusier in front of the “paravent poussettes” made of painted corrugated Eternit backfilled with concrete, executed as a prototype brise-soleil construction, photo: ©Willy Rizzo, 1959.

In seguito, Le Corbusier utilizzò il colore come un potente mezzo espressivo – per animare grandi superfici murarie, o da abbinare a materiali come cemento, mattone e legno in grandi composizioni spaziali – convertendolo in una specie di “ornamento” architettonico contemporaneo.
Il progettista svizzero-francese sviluppò persino un proprio sistema cromatico, “claviers de couleurs”, pubblicandolo in due momenti distinti (nel 1931 e nel 1959), contenente complessivamente 63 tonalità, suddivise in 43 sfumature “tenui” e 20 tonalità “vivaci”.

Le Corbusier, picture gallery of the Villa La Roche (1923–25), photo: ©Arthur Rüegg.

La rassegna di Zurigo – curata da Christian Brändle e Arthur Rüegg – ripercorre le tappe più importanti della policromia di Le Corbusier attraverso l’esposizione di numeroso e importante materiale iconografico, tra cui tavole di progetto, disegni, quadri, modelli, circa 100 fotografie, tre installazioni di grande formato, realizzate appositamente per assicurare ai visitatori un’esperienza sensuale e coinvolgente, e altro ancora.

Le Corbusier, Femmes XXe siècle, 1935, drawing and collage using plain, dotted, and striped designs (some of them never actually produced) from the first Salubra collection “Le Corbusier,” from Le Corbusier peintre, exh. cat. Galerie Beyeler, Basel, 1971, ©Fondation Le Corbusier, Paris / Pro Litteris.

Il padiglione sede dell’esposizione, ora Pavillon Le Corbusier (riaperto nel 2019, dopo circa un anno e mezzo di restauro, qui), costituisce l’esempio perfetto dell’utilizzo del colore di LC: al disegno compositivo esterno, contraddistinto dal “gioco” di pannelli smaltati dai colori vivaci (giallo, verde, rosso, bianco, nero), sono stati contrapposti ampi spazi interni dominati dai colori “neutri”, generati dalle tonalità dei rivestimenti verticali in rovere naturale e dei pavimenti in marmo di colore grigio scuro.

Pavillon Le Corbusier, exhibition Le Corbusier and Color, evocation of the polychrome wall design for the boardroom of the Claude et Duval factory, Saint-Dié-des-Vosges FR, 1946-1950. Adjoining color fields with a black-and-white reproduction of the Purist painting Nature morte aux nombreux objets, 1923 (detail). Chairs by Jean Prouvé from the “Standard” series lacquered in the color “Rouge Corsaire”, photo: Umberto Romito and Ivan Suta, 2021, Museum für Gestaltung Zürich / ZHdK.