Milano, se è oggi un importante punto di riferimento per numerose attività, deve il suo prestigio anche alle immagini della Milano storica e a quelle legate alle tradizioni e ai personaggi che vi nacquero o vi operarono.
Nel volume, gli autori – Gamba è architetto e giornalista; Guerriero è stato magistrato; la raccolta fotografica è a cura di Luciano Negri – analizzano un aspetto architettonico, sociale e di costume che ha riguardato nella città la diffusione delle case a ballatoio, dando riconoscimento a un sistema abitativo, oggi forse secondario, o di mero significato folcloristico e tradizionale, che è stato fondamentale nella diffusione dei caratteri della “milanesità”.
Tale aspetto, che ai giorni nostri, in alcuni casi, viene apprezzato come originale, ha contribuito nei decenni passati a determinare della città l’identità sociale, costruttiva e umana.
Esso è stato espressione, negli ultimi decenni dell’800, dopo la demolizione della Cinta Muraria Rinascimentale, di un periodo e di una cultura rivolta allo sviluppo, all’organizzazione, alla praticità, determinando l’espansione della città, dai borghi fuori le mura, all’intorno padano.
Periodo che ha visto la diffusione di un’azione imprenditoriale, pur non illuminata, forse neppure paternalistica, ma attenta alle esigenze di una società in trasformazione e al bisogno di ricovero della massa operaia riversatasi in città per lavorare nell’industria.
I “ballatoi”, le case “di ringhiera” sono le case dei senzastoria, quelli che non hanno bisogno di grandi spazi perché non posseggono nulla se non gli abiti che indossano e poche suppellettili, quelli la cui vita viene presto dimenticata, che non lasciano tracce, se non per poco tempo nella memoria di chi li ebbe cari, “gente meccaniche e di piccol affare”, come i personaggi de I promessi sposi.
Attraverso un’analisi storica, letteraria e artistica e con una puntuale localizzazione degli edifici a ballatoio, il libro approfondisce in termini di modernità e prestigio lo sviluppo di una delle principali città d’Italia e d’Europa; con un censimento che è stato realizzato forse non in modo esaustivo, né con uniforme precisione, ma che evidenzia come tali edifici, diffusi in ogni parte, sono non protagonisti assoluti, ma simboli dell’insediarsi nell’espansione “fuori porta” di nuclei di abitanti, che il moltiplicarsi del lavoro industriale ha richiamato dall’esterno.
A cavallo tra Ottocento e Novecento, il manifestarsi della tipologia architettonica “a ballatoio” ha consolidato l’irradiazione costruttiva lungo le direttrici in uscita dalla città, oltre ciò che rimaneva delle monumentali porte e pusterle, distrutte o preservate, rimaste, almeno di nome, a testimoniare e dare identità all’espansione urbana per parti.
Le mappe riprodotte, dedicate a ciascuna delle porte cittadine, cercano di evidenziarlo, rivelando quanto all’interno di cortili racchiusi da spesso anonime facciate pulsasse e pulsi tuttora la vita e il lavoro dei quartieri di Milano.
Mediante l’esame degli atti di fabbrica di alcuni edifici conservati nell’Archivio Storico Civico della Biblioteca Trivulziana è stato possibile ridisegnare anche alcune planimetrie, con lo scopo non solo di riportare esattamente le consistenze costruttive, ma di evidenziare anche i caratteri distributivi delle varie tipologie, nel loro rapporto con la strada e con i cortili su cui affacciano.
L’individuazione delle case a ballatoio fuori dalle Porte della città è stata lunga e laboriosa, parziale e non sempre precisa la descrizione degli elementi costruttivi.
Le immagini fotografiche sono da considerarsi semplici testimoni dei caratteri e delle forme dei ballatoi.
Brevi note storiche e tracce letterarie della città, selezionate senza alcuna pretesa di esaustività, precedono l’esposizione delle schede tecniche degli edifici, suddivise in zone corrispondenti alle porte principali.